1 luglio 2010

IL CORRELATIVO OGGETTIVO DI EUGENIO MONTALE: PARAFRASI DELLA POESIA “LA CASA DEI DOGANIERI”.

Nel post del 23 giugno avevo appena accennato al correlativo oggettivo nella poesia di Eugenio Montale, nato in terra ligure, molto legato alla ricca tradizione poetica della sua terra d'origine alla quale rimane radicato, terra ricca di apparizioni naturali che assumano il valore d'un misterioso richiamo, un paesaggio che egli sente come universale. Anche quando mira altri paesaggi, egli non dimentica mai gli odori della sua terra, la Liguria, questo paesaggio aspro, brullo, fatto di muri che si sgretolano, di viuzze strette, di secchi pendii, di mare e di limoni. Siamo dunque di fronte alla “poesia dell'oggetto” che avvicina Montale al correlativo oggettivo del poeta inglese Thomas Stearns Eliot. Si tratta, dunque, attraverso un linguaggio stilistico analogico, di correlare un'intuizione, un'emozione ad un oggetto reale, concreto, assegnando a ciascuno di essi le proprie sensazioni sentimentali che agitano l'inquieta memoria del poeta.




LA CASA DEI DOGANIERI

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Eugenio Montale

Lo sfondo del paesaggio è la costa ligure, il poeta si rivolge a una donna che ha amato, ormai lontana. La casa è deserta e triste da quella sera, da quando la donna vi entrò col groviglio dei suoi pensieri che girovagavano irrequieti. Il libeccio, il vento di sud-ovest, frusta quelle vecchie mura, e il ricordo di quel riso è reso ancor più malinconico dalla cognizione che la donna è lontana e più non ricorda. Il poeta è disorientato, non ha punti di riferimento; gli sembra che la vita proceda all’impazzata, senza una senso preciso; come nel giuoco dei dadi le speranze e le promesse si rivelano ingannevoli. La donna non ricorda, la sua mente è certamente ingombrata da altri pensieri, e s’imbroglia il filo che dovrebbe legare il passato al presente, la donna amata al poeta. Il poeta ancora parrebbe sperare tenendone ancora un capo, ma anche la casa sprofonda nel passato, non è più quella d’un tempo, anche la bandierina che indica il percorso del vento gira implacabilmente come la bussola impazzita, quel ricordo è avvolto in un impossibile ritorno, chiuso in un labirinto senza uscita. La donna amata è irraggiungibile, il poeta non avverte più il suo respiro nell’oscurità della sera. L’orizzonte esteso e indeterminato pare fuggire, è illuminato a tratti dalle luci d’una nave: è qui il passaggio per arrivare in porto? Gli zampilli di luce all’orizzonte sono il segno d’una remota possibilità d’un suo ritorno? Questa è l’amara domanda del poeta. I flutti s’infrangono ancora sull’erta scogliera, ma la donna non ricorda più (come inquietante è quel “tu” che si ripete!). Il poeta è solo per sempre a rievocare la sera trascorsa in quella casa che ormai appartiene solo a lui, nell’amaro smarrimento non ha più criteri per comprendere e valutare il senso della vita.
(Antonio Ragone)

1 commento:

  1. Molto bella questa poesia di Montale, era sul nostro libro a s cuola, ma poi ci hanno fatto studiare Meriggiare pallido e assorto., ugualmente bella!

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