27 marzo 2011

IL MITO DELLA POESIA EPICA: ETTORE DI TROIA

La poesia epica è poesia narrativa che esprime l’anima dei popoli da cui è sorta. Talvolta questi racconti di gesta, miti, dèi ed eroi, offrirono al poeta materia e ispirazione per una personale e commossa rielaborazione. Leggendo e studiando questi poemi epici, mi riferisco all’Iliade, all’Odissea e all’Eneide, ci si rende subito conto che non esiste un poema epico senza eroi. Ma chi è l’eroe? Per me è un personaggio abbastanza controverso che rappresenta e incarna gli ideali, la storia, la vita, le aspirazioni sociali e morali della società che l’ha forgiato, che combatteva contro le forze della natura per proteggere i suoi simili, ma anche scatenava la sua ira contro altri popoli con obiettivi non proprio nobili. Purtroppo gli uomini impararono ben presto a maneggiare le armi non solo per domare le avverse forze della natura, ma sciaguratamente anche per soggiogare e opprimere altri uomini: nacque così l’eroe guerriero. La guerra fin dai tempi più remoti divenne in tal modo una componente dell’umanità, non c’è periodo della storia in cui la guerra non compaia. La pace è stata l’ansiosa costante aspirazione di tutti i popoli, i quali hanno favoleggiato di un’età primitiva, innocente e giusta, come l’età dell’oro, e hanno visto nella guerra l’effetto delle passioni scatenate, la cupidigia, l’avarizia, soprattutto la sete di potere. La guerra è dura realtà che pone l’uomo di fronte a scelte decisive e può trasformarlo in eroe, positivo raramente, negativo quasi sempre. Ciò che interessa i poeti non è però la guerra in se stessa, ma l’uomo posto di fronte a quella suprema prova che la guerra rappresenta. Già nell’epoca omerica, che è la più antica manifestazione di epica nel mondo occidentale, il tipo di eroe non è affatto unilaterale, c’è l’eroe della forza e l’eroe saggio, c’è quello assetato di gloria e di preda e quello che accetta la guerra come duro dovere, c’è il vincitore e il vinto. Nell’Iliade Achille rappresenta il guerriero della forza, spietato, il vincitore, e avvezzo alla guerra. Ma il vinto Ettore presenta una grande maturità umana, egli sente e apprezza i valori degli uomini e degli affetti familiari, è un eroe che ama la pace ed è costretto a fare la guerra. Finirà oltraggiato e offeso sia nella sua natura morale che fisica, e questo fa di lui la vera rappresentazione dell’eroismo.

Io mi sento come Ettore, un eroe della pace costretto a fare la guerra, anche con i propri sentimenti, mirando ogni giorno verso la lontana linea dell’orizzonte marino se qualche veliero saraceno avanzi verso le antiche coste tirreniche per portare distruzione e inquietudine sia nel corpo che nell’animo.

“La notte, ora, mi risvegliano
gli antichi giochi delle labbra ondose
sulla rena che ancora oggi chiama il nome mio,
e il sale che mi brucia sulle piaghe
non è che un piccolo urlo,
più piccolo di un sogno,
quando nella notturna ansia senza voce
urlavo il tuo nome”.

AntonioRagone (Da “Colloquio con la perduta madre” in “L’isola
nascosta” Edizioni Akkuaria 2007.

19 marzo 2011

LIONELLO FIUMI: PARAFRASI DELLA POESIA “MARZOLINA”.

Lionello Fiumi nacque a Rovereto, in provincia di Trento, il 12 aprile del 1894 e morì a Verona il 5 maggio 1973. Dal 1908 si trasferì con la famiglia a Verona. Sono di questo periodo le prime esercitazioni poetiche. Nel 1914, dopo essere rientrato in Italia per un breve  soggiorno all’estero per motivi di salute, pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Polline. Con questa raccolta di liriche, Fiumi propone la poesia in versi liberi come possibile alternativa sia al classicismo che al futurismo, movimento, quest’ultimo, che a mio avviso non riuscì mai a decollare e destinato ad un precoce fallimento. Appassionato diffusore della nostra letteratura in Francia, dove fondò nel 1932 la rivista Dante, Fiumi è autore di pregevoli poesie dai caratteri essenzialmente impressionistici e ricche d’emozioni visive. Un poeta del Novecento italiano ingiustamente dimenticato che aspetta ancora d’essere rivalutato.

Il cielo di marzo, luminoso e trasparente come quarzo, avvolge (ovatta)  nel suo calore i rami del melo irrigiditi dal freddo. Ma ecco, quando cadono le squame dei rami spinosi, si scoprono piccole gemme verdi che sembrano goccioline e sono invece foglioline sottili come un velo. Una signora, personificazione della primavera,  in vestaglia di color rosso smagliante, passeggia, visione anch’essa fresca e viva, apparendo e scomparendo fra i rami di melo che marzo riveste di gemme e di fiori.


MARZOLINA

Sul cielo
di quarzo
già marzo
ovatta
la rama
rattratta
del melo.
Pur ecco
lo stecco
di spine
si squama:
goccine
(fogline
veline)
di verde.

La dama
(vestaglia
che smaglia)
si perde
scarlatta
tra i veli
dei meli
d’ovatta.

Lionello Fiumi

13 marzo 2011

COMPIUTA OSMOSI (Inedita).





COMPIUTA OSMOSI

Quando spaccai la melagrana
Dell’albero costiero di bambino
Nel palmo della mano
Contai tutti i miei grani della vita
 
Corsi alla distesa ruggente del mio mare
Ferendomi tra fichidindia ed agavi
A scrutare i miei sogni in lontananza
A quietare il mio cuore da secchezza
 
E nel maroso che s’infrangeva ai sassi
Ansimava d'orgoglio il mare
Compiuta osmosi nell’asperso ardore
Dell’acqua di libeccio sul mio viso
 
©  Antonio Ragone

5 marzo 2011

MARIO NOVARO: IL POETA DELLA “RIVIERA LIGURE”.


Mario Novaro nacque a Diano Marina, provincia di Imperia, il  25 settembre 1868 e morì a  Ponti di Nava, provincia di Cuneo il  9 agosto 1944. Fratello di Angiolo Silvio, Mario Novaro fa parte di quella schiera di poeti cosiddetti “minori” del Novecento italiano che aspetta ancora il suo giusto riconoscimento. Fu direttore della rivista letteraria “La Riviera Ligure”, giustamente definita guida della vera avanguardia letteraria del primo Novecento. Come poeta, Mario Novaro è autore d’una unica e bellissima raccolta di poesie “Murmuri ed echi”. A Genova è presente La Fondazione Mario Novaro”. 

PRODA D’ERBA

Stretta proda d’erba
pende sul mare
con scabri ulivi
frondadargento.

Pascolano l’aria
primaverile
magre farfalle
nell’odor di timo.

E nel monotono
querulo
canto del mare
io penso penso:

Dove la vita
à la sua proda?
dove il suo fondo?
scorre la vita, scorrono l’onde.


IL MISTERO DELLE COSE

Così leggero il mistero delle cose!
(oh lacerato a sangue giovine cuore)
un campo d’erba e fiori
uno scampanio di festa in villa
un saluto profumato
della terra al navigante,
un’onda di mare
da nuotarvi insaziato.

Mario Novaro

1 marzo 2011

ANGIOLO SILVIO NOVARO: IL POETA DEI NOSTRI RICORDI DI SCUOLA.


Angiolo Silvio Novaro nacque a Diano Marina, provincia di Imperia il 12 novembre 1866 e morì ad Oneglia, Imperia, il 10 marzo 1938. È fratello del poeta Mario Novaro, credo opportuno dedicarmi a lui nei prossimi post.
Poeta e prosatore fuori dagli schemi culturali della letteratura italiana del ‘900, è autore di numerose poesie dedicate alla natura di cui è stato attento contemplatore. È l’autore della famosissima “Che dice la pioggerellina di marzo?”.
Tra le sue opere “Il fabbro armonioso”, dedicato al figlio Jacopo, morto nella prima guerra mondiale, e la raccolta di poesie scritte per i bambini “Il cestello” che rimane il suo libro più famoso. È stato pregevole traduttore de “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson  e “Vita di Gesù” di Francois Mauriac.
Di lui propongo una poesia che egli dedicò a Eugenio Montale, tra le meno conosciute, ma a mio parere, tra le sue migliori. Il poeta fa riferimento alla lirica di Eugenio Montale “Meriggiare pallido e assorto”.


A MONTALE

Si dice, Eugenio, che non hai saputo

guardare oltre la muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Per me quell'oltre tu l'hai percepito
l'hai collocato nel luogo sconosciuto

dove vapora la vita quale essenza.

Ora che vivi tra bionde trasparenze
il tuo messaggio sul futuro si è chiarito.

Non mostreremo più

agli azzurri specchianti del cielo

l'ansietà del volto giallino.

Vivremo un nuovo destino
come fiori impazziti di luce.


Noi siamo il fiore dell’eterno seme…
Di là dalla fuggevole vigilia
Ci attende la più grande maraviglia.

Angiolo Silvio Novaro

(da "Il Piccolo Orfeo" Fratelli Treves Editori, Milano 1929)
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