21 luglio 2011

MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO, DI EUGENIO MONTALE: PARAFRASI.


Il significato profondo di questa lirica va molto al di là delle parole. Osservare tutti i verbi all’infinito: meriggiare, ascoltare, spiare, osservare, sentire. Non hanno tempo, e danno un’impressione pesante, di qualcosa d’indefinito. E pesante è tutto il tono della poesia: c’è il sole, ma troppo sole, c’è fremito di vita, ma faticosa, c’è mare, ma solo a sprazzi lucenti che hanno durezza di squame, e l’anima del poeta, tesa ad ascoltare le voci profonde della natura, ne è come sopraffatta. E c’è quel muro infuocato, irto di cime aguzze e taglienti. L’anima vorrebbe andare al di là, in una sete d’infinito, di liberazione, ma non può. Abbagliata dalla luce, immersa nella sua vita faticosa essa resta al di qua con la sua ansia, con la sua inquietudine, chiusa entro i limiti dei suoi confini. Il poeta sente che la vita è come un andare lungo questo muro, intorno al quale si affaticano gli esseri viventi e freme la natura col suo potente respiro, ma che l’uomo non può oltrepassare. La lirica è  tutta una metafora, gli oggetti si caricano d’emblematiche intuizioni del poeta, dove le rosse formiche rappresentano il correlativo oggettivo della paradossale  e desolata situazione umana; il loro instancabile e allo stesso tempo caotico e insensato lavoro in condizioni così ostili si traduce nel monotono affanno quotidiano degli uomini che, camminando nella luce abbagliante e infuocata del meriggio, sentono con meraviglia e tristezza che la vita è come girovagare lungo un muro irto di cocci di bottiglie impossibile da scavalcare.



Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

19 luglio 2011

IL MARE, PRENDERE IL LARGO.


È ora di andare nel più alto mare, il più possibile lontano, sarà oltre l’orizzonte. Ho navigato tutta una vita lungo il mare dell’inquietudine. Ho lottato, sbattuto dalle burrasche marine, acqua di pioggia e vento mi hanno levigato il viso, il corpo e l’anima, ho conquistato isole e speranze di ripartenze. Ho ripreso sempre il viaggio quando all’alba mi son ritrovato naufrago sempre più debole su sponde sconosciute ed inquietanti. Ho fatto tutto, oltre le mie più povere possibilità. Ora il marinaio, come il chicco di grano, dovrà sementarsi al mare perché dia frutto, albe più nuove e ricche di promesse e tramonti meno tormentati. È doloroso sentirsi così disperatamente solo, nemmeno Cristo a tenermi compagnia, nemmeno io stesso sono più in grado di tenermi compagnia. È la prima volta che mi accade, segnale sicuro che ho perso ormai tutte le rotte alle quali sempre con la mia tenacia mi sono aggrappato sperando anche l’impossibile. Ho navigato tutta una vita, ora son stanco, il dolore mi strugge, e più non reggo ai venti contrari. Ora romperò gli ormeggi e lascerò che il mio veliero navighi al più largo possibile; poi sarà notte, sarà la luna rosso sangue a tenermi un’indifferente compagnia, lascerò che l’acqua del mare allaghi il mio veliero e insieme ad esso naufragare nei flutti tra il gorgoglìo spumoso del mare. Io sarò sereno, finalmente troverò nei fondali marini la pace del cuore.

15 luglio 2011

SUL LUNGOMARE DI SALERNO, UNA ESTIVA CANZONE GIOVANILE.



UNA ESTIVA CANZONE GIOVANILE

“Giorni sul lungomare insieme a te”
e l’afa mi scende lungo l’anima
di sudore bagnata fino al profondo
fino al centro del suo mondo,
non c’è più posto se non travasi
la ciotola già da tempo camminando
piano che s’asciughi al sole
di troppe azzardate illusioni,
di troppe estati roventi alla faticosa
ricerca d’ombre di secolari aceri campestri.

“Bruciavi più del sole”
nella pomeridiana mia solitudine bagnata
di lacrime versate senza versarle
nel vuoto d’un’estate ancora
da finire prima di definire
l’intimo confronto d’un dubbio profondo
più grande del centro d’un mondo
racchiuso nell’ambito carnoso
così vicino e così dentro
ma così lontano senza che si veda
nemmeno con la mano umida
poggiata sulla fronte di sangue
pur un pulviscolo d’una presenza
dolorosa e dolorosamente assente.
Ho pagato ben oltre il debito
d’una vita ostinatamente misteriosa
che nemmeno il tempo lascia e ti ruba
la libertà d’una fantasia senza immagini,
nel breve spazio chiuso nel tempo
d’una estiva canzone giovanile.

Antonio Ragone
(Da "I passi sul sentiero sconosciuto - Verso marine sponde - Giovane Holden Edizioni 2010)

10 luglio 2011

NELLE MIE INQUIETUDINI... TRAGICA DISSONANZA.



… e io sento il bisogno di tuffarmi
nuotare senza mai fermarmi

Tutto m’appare un orologio fermo
Sempre sulla stessa ora
Monotona e grigia

Oh la rete - non quella del mare
Ove ancora e sempre sereno mi rifletto

Pur stanco d’incapacità e d’ipocrisie
Di questa sinonimia che mi disturba

Ad ogni naufragio sì meglio naufragare
Oppure ricercare l’isola nascosta
La compulsione che ancora mi sospinge

Ora nelle mie inquietudini
Tragica dissonanza avverto


Antonio Ragone
Tutti i diritti riservati

3 luglio 2011

RAINER MARIA RILKE, POETA SENSIBILE DEL NORD, TRADOTTO DA VINCENZO ERRANTE.

Rainer Maria Rilke nacque a Praga il 4 dicembre 1875 e morì a Montreux il 29 dicembre 1926.
È considerato il maggior poeta di lingua tedesco del Novecento. Educato in Boemia, viaggiò a lungo e si spense, malato di leucemia, nel 1926 nel sanatorio svizzero di Montreux. L’inquietudine interiore e la ricerca di un approdo spirituale sono i temi della sua poesia. Rainer Maria Rilke è un poeta nordico di rara e dolce sensibilità. Nella poesia La Sera e in quella che segue, Risveglio del vento, sono evocate tutte le immagini suggestive delle terre del Nord: la foresta, gli abeti, il silenzio profondo e solenne che si distende sulle campagne ammantate di neve, il vento, la gente silenziosa nelle case, il freddo che accompagna il tramonto.



La Sera è personificata simile a una fata misteriosa, dalle guance gelide e dal passo silenzioso, lascia la foresta coperta di neve e si avvicina alle case, in ascolto. Tutti ne avvertono la presenza: i vecchi, i bimbi, le donne, e tutti sospendono ogni loro attività, presi dal fascino di quella invisibile inquietante passeggera.

La sera

Come una indefinibile fata d’ombre…
Vien da lungi la Sera, camminando
per l’abetaia tacita e nevosa.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance; e, zitta, origlia.
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
non si attentano ancora ai loro giuochi.
Le madri stanno siccome regine.
Cade di mano alle fantesche il fuso.
La Sera ascolta, trepida, pei vetri:
tutti, all'interno, ascoltano la Sera.

Rilke dà vita ed anima al vento che nel silenzio della notte entra in un villaggio addormentato  e sfiora leggero le case che stanno pallide e mute. Nelle due poesie c’è la stessa forza espressiva e pittorica, la stessa ricchezza immaginosa e fantastica.

Risveglio del vento

  Nel colmo della notte, a volte, accade
che si risvegli, come un bimbo, il vento.
  Solo, pian piano, vien per il sentiero,
penetra nel villaggio addormentato.
  Striscia guardingo sino alla fontana;
poi, si sofferma, tacito, in ascolto.
  Pallide stan tutte le case intorno;
tutte le querce, mute.

Rainer Maria Rilke
(traduzione di Vincenzo Errante, filologo germanista italiano, Roma, 12 febbraio 1890 – Riva del Garda, 25 agosto 1951)
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