14 gennaio 2013

L’ULTIMA POESIA, RACCONTO.



Durante una delle mie tante escursioni sopra i monti, tra alcuni cespugli di more, mentre una continua pioggerella mi bagnava, notai un piccolo pezzo di carta d'un quaderno a quadretti.
Qualcuno penserà alla banalità di quel mio ritrovamento e ancor più all'interesse che subito mostrai di avere nei suoi riguardi; ma l'istinto - quell'istinto proprio dei poeti - mi spinse a raccogliere quel foglietto.
Il tempo e gli elementi avevano ormai fatto su di esso un profondo lavoro di usura, perciò delle frasi scritte - almeno in una quindicina di righe - se ne potevano riuscire a leggere sì e no le ultime due.
Misi con cura il foglietto in tasca, poteva facilmente sbriciolarsi bagnato com'era, mentre dall'altra parte degli alberi intesi belati di pecore e la voce maestosa del pastore. Il quale, appena mi vide, mi salutò, e io notai dentro il saluto una domanda di stupore alla quale risposi allargando le braccia.
Si fermò con me alcuni minuti, mentre le pecore si stringevano l'una all'altra. (continua a leggere)

11 gennaio 2013

È UN MONDO IN BIANCO E NERO.



E come chiedere ai poeti di cantare con parole di conforto o di speranza in un mondo dove tutto s’è perduto? Il poeta non è unguento che risana le ferite, né può gridare al mondo una gioia che non esiste. Ah, il turbamento, questo sentimento assillante che fa star male mente e cuore e i poeti attanaglia in un ginepraio di confusioni. Io osservo l’atmosfera suggestiva e tragica di questo mondo e la sento mia, perché così d’intorno io vedo il disordine che mi circonda, la disperata ricerca d’un varco che al mistero s’apra. Cercare, cercare e non trovare; chiedersi perché, perché e non sapere; ci fa vivere in un ambiente surreale e senza sbocchi come questo mondo in bianco e nero, senza più colori, avvolto nell’ombra dell’Assenza. Oggi è il pensiero che è malato d’un virus che gli si rivolta contro, l’uomo s’è infettato da sé. Solo amici di sentimenti sono balsamo che acquieta il bruciore delle ferite.

5 gennaio 2013

THE DEAD - I MORTI, UN RACCONTO DI JAMES JOYCE, AMBIENTATO NEL GIORNO DELL’EPIFANIA.



Gente di Dublino è uno dei capolavori di James Joyce, considerato tra i massimi letterati internazionali del ‘900, nato a Dublino il 2 febbraio 1882 e morto a Zurigo il 13 gennaio 1941. Il libro è composto da quindici racconti, ove i temi conduttori dell’opera si compendiano nella sintesi dell’ultimo racconto The dead -  I morti.
Nel giorno dell'Epifania, alcune signore di Dublino danno una festa per parenti e amici, un'occasione per ricordare i fatti passati. Questo incontro suscita nel protagonista, Gabriel Conroy, un momento di riflessione che lo condurrà  al di là del fascino infinito della vita, per accostarsi al grande mistero della morte. Notevole è il film che è stato adattato dal celebre omonimo racconto di Joyce dal regista John Huston, il suo ultimo film e il suo capolavoro spirituale. Il monologo finale del protagonista rappresenta una delle pagine più alte della letteratura del ‘900. Bravissimo l'attore irlandese Donal McCann e suggestivo il doppiaggio italiano di Francesco Carnelutti.

Per vedere il monologo finale del film cliccare qui.

RICORDO!... L’ATTESA DELLA BEFANA ANNI ‘50, DI AGNESE DI VENANZIO.


 




Caro Antonio, spero che la buona vecchina continui a portarti ancora per molto tempo, quel  calore umano che tanto ci dispensi attraverso i tuoi scritti, le tue poesie, i racconti .  
Qualche dolcetto, una calza piena di nuove idee letterarie .

Un caro abbraccio, Agnese. 
 


Sono sveglia di buon'ora, fuori il vento fa tremare le foglie infreddolite sul balcone (al sesto piano) di casa mia; oggi il cielo é terso, il sole si prepara operoso come sempre a scaldare la terra. Una giornata fredda ma bella, secca, asciutta come direbbe mio padre.
Ritorno indietro col pensiero e rivivo quei lontani anni 50, quando simili atmosfere, mettevano l'ansia nel cuore per l'attesa timorosa dell'arrivo della Befana.

Si !..a quei tempi c'era sempre un leggero timore, motivato dalla consapevolezza di non essere sempre stata una bambina meritevole , tutt'altro che tranquilla.
A quei tempi si veniva educati all'introspezione e nonostante la vivacità che mi caratterizzava,si provava comunque quel senso di colpa per qualche capriccetto.

In una mattina così ... é facile ricordare e rivivere le emozioni di quella fanciullezza, all'approssimarsi dell'arrivo della Befana.
In famiglia venivano alimentati sogni e fantasie… io credevo talmente alla "buona vecchina " che verso l'imbrunire, scrutavo sempre attenta sui tetti delle case di fronte alla nostra, sperando di vederla prima o poi sulla sua scopa alle prese con i comignoli fumanti.


Che bello é ricordare !...mi fa star bene. L'attesa magica della befana, portava una gioia speciale, era una delle poche opportunità per fare e ricevere regali e impegnava tutta la famiglia, cominciando da mia madre che per tempo sferruzzava scarpette da notte ricamate a punto cannottiglia e scialletti colorati , all'uncinetto; mio padre procurava legna per il camino e qualche manciatina di buon fieno per l'asinello di Scacciacelli (il marito della befana Rufina ).

Mio padre diceva, che in quei giorni incontrava spesso quell'asinello alla stazione di Stimigliano; le mie sorelle, divertite trattenevano fedeli la verità ed erano felici di vedermi piena di speranze, mi facevano persino scrivere una letterina alla "buona vecchietta" per esprimere i miei desideri.
Mia madre, con la scusa, mi esortava ad essere più buona e più brava e rafforzava la lezione di igiene, sollecitandomi la sera, prima di andare a letto, a lavarmi bene le orecchie ed il collo e poi tutto il resto. Quelle erano pulizie serale, invece il bagno intero si faceva il sabato o qualsiasi giorno che precedeva quello festivo; a quei tempi non avevamo l'acqua in casa, tanto meno un bagno. Non eravamo ricchi, ma la forza dell'amore nutriva i nostri animi, le nostre speranze, ci dava tanta sicurezza e certezze. Quante gioie!... quanto tepore!

Attendere la Befana, era un grande esercizio di rispetto reciproco, di disciplina, di sottomissione a certe regole essenziali per la nostra formazione, di considerazione verso gli anziani; io facevo di tutto per non fare capricci, portare bei voti da scuola, essere servizievole in casa...
tanto timore e buona volontà  per meritare doni modesti, semplici e utili, eppur  tanto desiderati . La sera della vigilia della Befana, andavo a letto prima, insieme a mio padre, il mio buon padre amoroso... ricordo che tornava bambino anche lui insieme a me ...riusciva a farmi addormentare con la gioia nel cuore e placare quella mia ansia. Quel sonno di quella notte d'attesa era pieno di emozione (quasi agitato) ricordo che al mattino riuscivo a svegliarmi da sola senza il bisbiglìo della voce materna, come quando dovevo alzarmi per andare a scuola.

La notte é passata, finalmente si salta giù dal letto, in cucina il camino é già acceso e c'é un bel calduccio nella stanza, il pane abbrustolito sul fuoco e il caffé e latte possono aspettare .
Quanto stupore!...che frenesìa, guardo con occhi estasiati il tavolo di cucina tutto sistemato, colmo di doni, si capisce che c'é anche la fantasìa delle mie due sorelle. Un anno ho trovato un paio di deliziose pantofoline rosse di feltro a scarponcino con la cerniera sul davanti e la para sotto, c'arano poi tutt'intorno tanti cioccolatini e caramelle e tanti mandarini profumati (ora i mandarini non profumano più come allora) e poi quelli erano di sicuro i bei pomi arancioni coltivati dentro l'orto dello zio Ciro e sua moglie Genesia .

Tra i doni, ancora ricordo un grazioso scialletto a punta, fatto con avanzi di lana a più colori dove predominante era il color carta di zucchero (così allora si chiamava l'attuale azzurro inchiostro) era confezionato con le frange. Non erano cose troppo costose, ma frutto di privazioni e sacrifici di ciascun componente della mia famiglia ed io mi sentivo ed ero la bambina più felice di Forano.

Ora sono qui, sola, immersa in quei ricordi di una fanciullezza spensierata e penso!... sono certa!... non sono le cose materiali che danno la vera felicità, la vera pace.. ma l'AMORE.
Grazie, madre mia e padre mio, vi amo sorelle mie per quel seme d'amore che ancora serbo gelosamente nel cuore.
Una poesia alla Befana.



La Befana

Imbacuccata con scialle di lana
ecco che arriva la vecchia Befana

Con la sua scopa vola sui tetti
lei porta doni a ricchi e poretti

Ha sempre un sacco pieno di doni
li porta a tutti i bambini buoni

Cammina curva , la sua chioma é bianca
come farà a non esser mai stanca?

Dicono tutti che é tanto buona
per riposarsi non ha una poltrona?

Cara Befana, vorrei incontrarti
vorrei vederti, vorrei parlarti
vorrei sentire la tua vocina
so che di nome ti chiami " Rufina".


Agnese Di Venanzio
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