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1 febbraio 2011

MARINO MORETTI: BREVI PARAFRASI “IL RICORDO PIÙ LONTANO, “LE PRIME TRISTEZZE”, DALLA RACCOLTA “POESIE SCRITTE COL LAPIS”.

Marino Moretti nacque a Cesenatico, in provincia di Forlì, il 18 luglio 1885 e morì nella stessa città il 6 luglio 1979. Quello di Marino Moretti è un viaggio autonomo e inconfondibile  nel Novecento letterario itliano. Nel 1905 uscì il suo primo libro, Fraternità; da quel momento, la sua fedeltà alla letteratura non conobbe interruzione. Partecipò alla prima guerra mondiale nei servizi della Croce Rossa. Nel 1952 ebbe il premio dei Lincei. La sua voluminosa opera letteraria è concentrata sulla ricerca della propria identità, la consapevolezza del non sapere, la pena del vivere in un grigiore senza conforto; il suo rifugio è il ricordo, l’amore per la letteratura, gli antichi oggetti, la casa d’un tempo, i giorni passati, la presente età. Al declinare della sua vita, egli, lucido vecchio, ancora si ripete la domanda “chi sono?”, un uomo che ha scavato e scava nella sua pena, facendone motivo di vita e occasione di poesia.
“Piove. È mercoledì. Sono a Cesena” -  “Chinar la testa che vale / se la vita è sempre uguale?” - “La tristezza è il mio pane e la mia piada”. È questa la sua lezione morale, versi malinconici, sì, ma, anche al di là dei più amari contrasti, rivelano in ogni caso, seppure in una maniera peculiarmente autoironica, un’accettazione del vivere. Le sue poesie sono fortemente interrogative sulla condizione dell’uomo (Che vale?, Chi sei, chi sono?, Dove sei?); le risposte sono quelle di rito: la tristezza, l’indifferenza, la solitudine e il colore plumbeo della vita, che si ritrova anche nella figura del “lapis” utilizzato metaforicamente come mezzo di scrittura delle sue poesie.
Di questo grande letterato del Novecento propongo due poesie: Il ricordo più lontano e Le prime tristezze, tratte proprio da una delle sue tante raccolte di versi, Poesie scritte col lapis.
Le Poesie scritte col lapis, raccolta di poesia pubblicata nel 1910, quando l’autore aveva venticinque anni, presenta un  tono dimesso fatto d’immagini senza contorni e una commozione che sfuma spesso nell’autoironia. Il secolo da poco nato, infatti, andava registrando le sue prime crisi di valori; crisi che Marino Moretti ha espresso limpidamente in questa sua opera che, ancora oggi, a terzo millennio appena avviato, dimostra di avere sfidato vittoriosamente i tempi e le  mode.


IL RICORDO PIÙ LONTANO


Motivo fondamentale: la madre, che si ritroverà in pagine memorialistiche tra le sue migliori, Il romanzo della mamma, Mia madre, Il tempo felice; qui immerso in un inquietante luogo prenatale in cui, nella matrice carnale, s’identifica l’idillio e la felicità, che poi la vita fatalmente distrugge.


Forse io ricordo un dolce tempo ch'ero
tutto tuo, del tuo corpo e del tuo cuore,
quando non era in te, vivo pensiero
che non fosse di mia vita un bagliore.

Forse io sentivo ciò che tu sentivi
tacito nel mio chiuso nascondiglio;
qualche barlume mi giungea dei vivi
sogni che tu sognavi per tuo figlio:

qualche sussulto ti scotea fors'anche
ch'era per la tua carne un brividìo,
lo smarrimento delle membra stanche
e un improvviso monito di Dio.

Pensandomi, sognandomi, tu davi
al mio viso la sua fisionomia,
ed io sentivo i tuoi segni soavi
che s'imprimevan nella carne mia.

Sentivo il cuore tuo: gli ero vicino
più che al mio cuore che ora inganno o cullo,
ed era  così garrulo e piccino
che avrei potuto farmene un trastullo.

Io mi formavo senza il mio selvaggio
impeto, non sapendo esser l'ignoto
atteso che facea lento viaggio
per giungere alla sua meta nel vuoto;

io mi formavo senza una parola
della mia stessa arcana volontà,
ero come la docile bestiola
che nulla teme e nulla cerca e sa.

Ero felice forse: la mia vita
era il riflesso della tua: ma quanto
era più dolce e quasi indefinita
per la soavità di quell'incanto.

Ma un giorno uscii dal tuo sangue: m'arresi.
Fui cuor che piange, carne che dolora.
Troppo ero vecchio, avevo troppi mesi
per viver quella calda vita ancora.
 

LE PRIME TRISTEZZE
 

“No, oggi non ci voglio andare!” così decide il ragazzo. E marina la scuola. Ma non può fare a meno di pensare alla sua classe, ai suoi compagni. Tutto ha un sapore amaro, anche un piccolo sogno personale, è già presente l’ansia del pentimento che a poco a poco si fa strada nel suo animo. Non ci sono vere gioie, solo domande con le stesse non-risposte.


Ero un fanciullo, andavo a scuola, e un giorno
dico a me stesso: «Non ci voglio andare»
e non andai. Mi misi a passeggiare
solo soletto fino a mezzogiorno.

E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta da quel triste giorno.
Io passeggiavo fino a mezzogiorno
e l'ore... l'ore non passavan mai.

Così il rimorso teneva il mio cuore
in quella triste libertà perduto,
e qual ansia, mio Dio, d'esser veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!

Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all'appello (oh il nome, il nome
mio nel silenzio) e mi sentivo come
proteso su l'abisso dell'ignoto.

E mi spingevo fin verso i giardini
od ai vïali fuori di città;
e mi chiedevo: «Adesso, chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?».

O fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario, Carlo Magno,
Rosmunda) ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano.

E quante volte domandai
l'ora a un passante frettoloso ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!
Ma l'ore... l'ore non passavan mai.

Chi mi darà, chi mi darà quell'ore
così perdute dell'infanzia mia?
Non tu, non tu che tanta nostalgia
e tanto affanno mi ridesti in cuore,

non tu, non tu che la tua fronte chini
per tacermi una lacrima o il pensiero
ch'è su la soglia del tuo ciglio nero
e nemmen Poggi e nemmen Poggiolini.



(Marino Moretti, da Poesie scritte col lapis, Napoli, Ricciardi, 1910)

4 commenti:

  1. Bellissime... e sì, poesie che parlano dritte al cuore e danno misura degli interiori passaggi nei ricordi.. Quello dedicato alla mamma che ho letto con religioso stupore di sensazioni condivise e la marachella del poeta bambino che infine riporta quel senso di colpa nel marinare la giornata di scuola a ciò che si è perduto! Grazie Antonio! Un caro saluto d'affetto!

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  2. Nella prosa-poesia di questo grande esponente del crepuscolarismo è chiaramente espresso il rimpianto per il solo tempo nel quale il poeta,forse,era felice :quello prenatale.
    Infatti,la drammaticità implicita nella poesia di Moretti consiste nella dedizione ad un'unica realtà vivibile,proprio in quanto separata dalla vita.

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  3. Grazie per l'opportunità di lettura, a volte siamo immersi in altre, tante cose, è questo il modo migliore per rispolverare autori che magari non si leggevano da tempo.
    Un saluto Tiziana

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  4. Il panorama letterario italiano del Novecento ha tanti grandi poeti che hanno ancora molte cose da dirci e da insegnarci. Purtroppo quasi nessuno se ne ricorda più... oggi i pensieri dell’umanità sono altrove.
    Grazie per i vostri commenti e un caro saluto.
    Antonio

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