Per tutto il Medioevo le coste tirreniche furono infestate da scorribande saracene che mettevano a ferro e fuoco i paesi rivieraschi.
Al suono delle campane e al grido de “li turchi so’ sbarcati alla marina” la popolazione veniva assalita da brividi di terrore. Quel suono e quel grido significavano presagio di morte, stupro, saccheggio, distruzione. Non bastarono gli scogli, le murate ed il mare a fermare la terribile forza devastante degli invasori.
I saraceni si erano dimostrati padroni assoluti della costa amalfitana.
Si racconta che in una notte calda e silenziosa, la notte che precedeva la festa di san Giovanni Battista, patrono di Vietri sul mare, i pescatori e i contadini dormivano dopo le fatiche del mare e dei campi, dormivano le donne, abbracciate ai loro bimbi, dopo le fatiche della casa; tutto era quiete, s’avvertiva solo il mormorìo del mare.
Ma in quella notte un vascello a luci spente avanzava lentamente verso la costa, si preparava un rituale sempre temuto e ormai consumato da anni di incursioni e scorribande. Una ciurma di saraceni, armati di spade e di fiaccole, sbarcava fra i piccoli seni della parte meridionale al di là del piccolo promontorio della baia, un’altra sbarcava nella parte settentrionale della spiaggia nascosta tra le insenature dei monti.
È un attimo, anche se preparati ormai da secoli a questi attacchi, gli abitanti del luogo vengono assaliti dalla furia dei saraceni, protetti dal silenzio e dalla pur vigile calma notturna. È la devastazione, nessuno è in grado di poter difendersi, è la notte degli agnelli, sgozzati, avvinti, tormentati.
Ed intanto, il fuoco alto arde su tutto riflettendosi nell’azzurro del notturno e placido mare: bruciano le viti, ardono i gozzi, brillano nella notte i casolari in fiamme, la costa si tinge del sangue che scorre veloce dalle arse gole. La distruzione è compiuta, le navi saracene ora ripartono, lasciando pianti e lamenti dei superstiti. Ma ritorneranno.
Al suono delle campane e al grido de “li turchi so’ sbarcati alla marina” la popolazione veniva assalita da brividi di terrore. Quel suono e quel grido significavano presagio di morte, stupro, saccheggio, distruzione. Non bastarono gli scogli, le murate ed il mare a fermare la terribile forza devastante degli invasori.
I saraceni si erano dimostrati padroni assoluti della costa amalfitana.
Si racconta che in una notte calda e silenziosa, la notte che precedeva la festa di san Giovanni Battista, patrono di Vietri sul mare, i pescatori e i contadini dormivano dopo le fatiche del mare e dei campi, dormivano le donne, abbracciate ai loro bimbi, dopo le fatiche della casa; tutto era quiete, s’avvertiva solo il mormorìo del mare.
Ma in quella notte un vascello a luci spente avanzava lentamente verso la costa, si preparava un rituale sempre temuto e ormai consumato da anni di incursioni e scorribande. Una ciurma di saraceni, armati di spade e di fiaccole, sbarcava fra i piccoli seni della parte meridionale al di là del piccolo promontorio della baia, un’altra sbarcava nella parte settentrionale della spiaggia nascosta tra le insenature dei monti.
È un attimo, anche se preparati ormai da secoli a questi attacchi, gli abitanti del luogo vengono assaliti dalla furia dei saraceni, protetti dal silenzio e dalla pur vigile calma notturna. È la devastazione, nessuno è in grado di poter difendersi, è la notte degli agnelli, sgozzati, avvinti, tormentati.
Ed intanto, il fuoco alto arde su tutto riflettendosi nell’azzurro del notturno e placido mare: bruciano le viti, ardono i gozzi, brillano nella notte i casolari in fiamme, la costa si tinge del sangue che scorre veloce dalle arse gole. La distruzione è compiuta, le navi saracene ora ripartono, lasciando pianti e lamenti dei superstiti. Ma ritorneranno.
Più non ti raccolgo, mare,
nel cavo della mano,
ma quando mi riscopro
a rimirare altrove,
la tua immagine sento.
Antonio Ragone
...immagine di mare che racconta e nell'onda frammenti di quiete. Tiziana T.
RispondiEliminasì, Tiziana, il mare... fascino e inquietdine...
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