27 gennaio 2010

ANTONIO RAGONE: SUL MARE DI CARTONE


L’animo umano è un luogo lontano abitato da infinite incertezze.

La vita è come un mare di cartone.




SUL MARE DI CARTONE


S’aprono le sue vele al vento e salpa

l’esiliato marinaio, scivolando sul mare

di cartone inargentato di niente.

Chissà, al di là della scogliera di polistirolo

ci sarà pure una darsena biancastra,

che la mente inganna. Poi, si nasconde il vento, così le vele

s’addormentano per sempre avvolgendosi

all’albero maestro, incapace, ancora, d’insegnare

l’antica lezione d’un libro incomprensibile.

Annotta, s’inquieta il mare e, pur senza vento,

s’agita la barca tra pietrosi scogli; non c’è

la luna che sia da lume, né luci seppur distanti

d’una proda di sale. Esiliato e solo; assiso

a poppa il marinaio, nel mezzo d’un golfo,

abbozzato da un lapis spuntato su un foglio

d’album raccattato tra cadute palme

d’un assente giardino marino.

Tutto è fisso, anche la gialla tinta destinata

al sole si perde affondandosi negli abissi.

Ma, da lontano, un faro si culla sui flutti,

luce certa d’un porto che protegge

dalle insidie delle urla marine;

verso quel faro, dentro quel porto

mai abbandonato, sulla barca che ondeggia

sull’onde amabili d’un mare che vive,

dorme azzurro il marinaio.


Antonio Ragone (Da “L’isola nascosta” - Ed. Akkuaria 2007)


21 gennaio 2010

OMAGGIO AL POETA ARTURO GRAF: LA VETTA



Arturo Graf nacque ad Atene il 19 gennaio del 1848, da padre tedesco e madre anconetana, e morì a Torino il 31 maggio 1913. Poeta e letterato, è stato studioso di letteratura italiana. La sua complessa personalità si riflette nella sua poesia, che in primo tempo rispecchiò l’inquietudine e il dramma di un’anima in cerca di verità, e più tardi, nella rinata fede religiosa, parve alfine rasserenarsi nella contemplazione della natura.



LA VETTA

Avanti! Pochi altri passi
e poi sarem sulla vetta!
avanti pur senza fretta,
per mezzo agli sterpi e ai sassi.

La vetta è là, tutta sgombra,
tutta serena nel sole,
lungi da quanto si duole,
fuor dalle nebbie e dall’ombra.

Anima inquieta e stanca,
non ti rivolgere indietro:
in basso il vapore tetro,
in alto la luce bianca.

Voi, cui travaglia ed opprime
un cruccio greve e nascoso,
ponete mente: riposo
non è se non sulle cime.

Arturo Graf


La poesia contiene un incitamento a salire più in alto, superando la fatica e vincendo gli ostacoli, pur di raggiungere la vetta della luce. Laggiù, nel fondo della valle, invece, c’è nebbia ed ombra, ma in alto c’è luce bianca che dissolve e consola la tristezza amara dell’anima. L’uomo potrà trovare riposo all’inquietudine e alla stanchezza che l’opprime, solo sulle cime, ovvero nella ricerca di un miglioramento interiore, spirituale e morale, che lo ponga al di sopra della meschinità e dei crucci, inevitabili, della vita. Poesia molto attuale nella nostra “progredita” società, dove purtroppo è diventato difficile tentare solo di salire, ingabbiati come si è in un meccanismo che, pur inventato dall’uomo, ormai non dipende più dall’uomo stesso, anche se bisogna andare avanti in una faticosa difesa, cercando di ascendere le “vette” le più alte possibili.

Riprendendo la citazione del mio amico Edoardo Cillari, voglio qui riportare un pensiero dello scrittore dei monti, Mario Rigoni Stern: “Spero di vivere tanto fino a vedere il mondo rinsavire un po', con la fine degli sprechi e delle cose inutili, del chiasso e delle luci artificiali che non ci lasciano vedere le stelle. Le troppe luci artificiali hanno fatto il buio nell’anima.”


(Antonio Ragone)


18 gennaio 2010

EDOARDO CILLARI: "QUINDI, IO ASPETTO..."

Io non serbo ricordi belli del Natale, delle feste familiari, in genere mi incupisco un po’ e non vedo l'ora che passino, anche perché a me dà assai fastidio l'aspetto smaccatamente consumistico della festa, ma spero che almeno possano lasciare il passo ad un anelito di speranza, di certo difficile da provare se appena appena guardiamo i telegiornali dei giorni feriali, (non quelli "edulcorati" delle vacanze natalizie), ma che pur sempre occorre sentire per dare un senso ai nostri giorni e per trovare, se non "la formula che mondi possa aprirti" almeno una ragione valida che dia compiutezza alla nostra storia quaggiù!
Ma ora, nella ritrovata "calma" della ferialità, posso sognare un po’ con la tua descrizione delle montagne innevate... lo so, lo so, tu, Antonio, sei uomo (e poeta!) di mare, e magari la montagna, (a differenza del grande Rigoni Stern) ti fa un pochettino meno effetto, ma... forse perché io la neve non l'ho mai vista veramente e spesso mi faccio prendere l'animo dalle cime innevate, vado sui siti dove ci sono foto della Russia, del Canada, e mi immagino come sarebbe bello poter vivere anche un paio di giorni con la neve. C'è un proverbio inglese che dice: "good things come to those who know how to wait" ovvero: "belle cose si prospettano per coloro che sanno aspettare..."quindi, io aspetto…".

12 gennaio 2010

OMAGGIO ALLA POETESSA ADA NEGRI: LA DANZA DELLA NEVE



Ada Negri nacque a Lodi il 3 febbraio 1870 e morì a Milano l’11 gennaio 1945. Delicata poetessa e scrittrice, è stata la prima donna ad essere ammessa tra gli Accademici d'Italia. Di lei vi propongo la poesia La Danza della Neve, pienamente in tema con l’attuale situazione climatica.




Bella poesia di Ada Negri, apparentemente semplice, ma complessa nella sua descrizione. Personificazioni e metafore si alternano tra loro. La neve è rappresentata come una bella e dolce fanciulla, che danza e volteggia con movimenti leggeri come una delicata ballerina; poi affaticata, s’adagia e s’addormenta nella sua pace, giacché la neve è metafora della pace che scende nella profonda indifferenza del mondo. (Antonio Ragone)


LA DANZA DELLA NEVE
Sui campi e su le strade,
silenziosa e lieve,
volteggiando, la neve
cade.
Danza la falda bianca
ne l'ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa,
stanca.
In mille immote forme,
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini,
dorme.
Tutto d'intorno è pace;
chiuso in oblìo profondo,
indifferente il mondo
tace. 


Ada Negri 


“mi date la versione in prosa???”

La ringrazio per la visita.
Se ho ben capito lei per “versione in prosa”  intende una parafrasi, una spiegazione letterale della poesia scritta in prosa. Ne ho redatte due, veda quale delle due faccia al suo caso.

LA DANZA DELLA NEVE

1) La neve cade sui campi e sulle strade silenziosa e dolcemente, quasi danzante. I larghi strati di neve volteggiano quasi scherzando nel cielo immenso. Poi la neve si posa sul terreno, stanca. La neve si è fermata, immobile, in mille forme diverse, quasi dormisse, sui tetti, sui camini, su colonne e sui giardini. La vista del paesaggio nevoso dà un senso di pace; gli uomini del mondo, chiusi in un profondo silenzio, tacciono indifferenti.
2) Nevica: le falde bianche scendono lievi, volteggiando come per un gioco, quasi desiderose d’indugiarsi nell’aria prima di posarsi stanche a terra. I tetti, i comignoli, le colonnine lungo le strade e i giardini ammantati di bianco dormono in una immobilità profonda. Tutto è pace intorno. Il mondo nella sua indifferenza sembra che abbia dimenticato di esistere nel silenzio in cui improvvisamente si è spenta ogni voce, ogni rumore, ignorando l’incantesimo operato dalla natura.

Antonio Ragone

11 gennaio 2010

ANTONIO RAGONE: NOTTE D'INVERNO

NOTTE D’INVERNO

Avviene a volte in queste notti gelide
che pianga un bimbo quando sbuffa

il vento sulle piante
già di lacrime colme
e illuminate da ondeggianti
lampioni sulla via

Scorre il vento cauto sino alla fontana di ghiaccio
e si sofferma incredulo all’acqua muta

A breve forse chissà sarà la neve…

5 gennaio 2010

ANTONIO RAGONE: EPIFANIA



EPIFANIA

S’è levata alta la stella

Così ora partiremo
Da Media da Persia e da Caldea

Di là della sponda del Sabe
Ci accamperemo appena sul far dell’alba

Ci leveremo prima che salga la notte
All’odore selvatico di rossa sabbia
Che sa di vento d’un lontano mare

Bisogna la notte traversare il deserto
Quando più sicura e chiara è la stellare luce
Cavalcando nel lento sogno d’un cavallo di cartone



Antonio Ragone, 5 gennaio 2010

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