30 marzo 2012

MANUELA VERBASI: PRESENTAZIONE “IN MEMORIA DI UN CIELO PORPORA”.

È con vero piacere che vi invito alla presentazione della silloge poetica   
“In memoria di un cielo porpora” dell’amica poetessa Manuela Verbasi.

25 marzo 2012

IL FIORDO DI FURORE, PAESE DELLA COSTIERA AMALFILTANA.


Aggrappato alla roccia a strapiombo sul mare, il piccolo borgo di Furore porta un nome che non si addice alla sua quiete. Il suo nome è dovuto alla furia d’un torrente che per secoli ha scavato nella roccia, aprendovi un fiordo di straordinaria bellezza. Fin da tempi lontani, forse per questa incantevole caratteristica, intorno a Furore si sono andate divulgando, ingigantite dalla fantasia dei narratori, suggestive leggende e storielle. Ma in questo piccolo borgo costiero si vive lontano dalla confusione delle grandi città, qui il tempo è scandito solo dal rumore delle onde del mare.  

13 marzo 2012

LA POETESSA DONATELLA BISUTTI.

È un vero piacere aver come ospite la poetessa Donatella Bisutti.

Donatella Bisutti, poetessa, narratrice, saggista, ha pubblicato tra l’altro la raccolta Inganno Ottico  ed. Guanda (Premio Montale per l’inedito), il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri (Bompiani), il poema ispirato all’Apocalisse, Colui che viene (Interlinea), il saggio La Poesia salva la vita (Feltrinelli Tascabili), i libri per bambini L’Albero delle Parole  e Le parole magiche (entrambi Feltrinelli), l’antologia poetica The Game – Poems 1985-2005  (Gradiva,  New York 2007). Ha fondato e dirige la rivista “Poesia e Spiritualità”. Il 18 dicembre 2011  ha avuto il Premio Poesia e Cultura Città di Ispica già conferito a numerose personalità italiane impegnate in diversi settori dalla poesia alla narrativa al teatro al cinema. La sua ultima raccolta poetica  Rosa Alchemica ed. Crocetti, 2011, è stata recensita sui maggiori  quotidiani nazionali.



POESIE “DA ROSA ALCHEMICA”

Persefone

Mi conoscevi già.
Io sono quella
che già una volta ti ha amato
quella che tu hai rifiutato dicendo
mentre mi stringevi fino a soffocarmi:
in verità io non ti amo
questo non è amore ma un’illusione
che non riguarda la mia vita
dicendo mentre la tua saliva mi addolciva il seno
mentre allattavo la tua bocca al mio seno
Mi conoscevi già.
Io ritorno
nella luce azzurra che ti ferisce
gli occhi.
Porti gli occhiali scuri, adesso
mentre io mi tuffo fra le onde verdi
e tu ti tieni lontano dal mare
vestito di un abito di lino blù –
Mi conoscevi già.
E subito mi hai
riconosciuto dietro il mio
travestimento
Ti conoscevo già.
Mi hai spogliato con dita esperte
della buccia di morbida peluria, subito segnata
dalla pressione calda del tuo polpastrello
per poi posarmi dopo un morso
accendere una sigaretta, spegnerla nel piatto
fra i residui del cibo
voltarti e allontanarti con il passo
leggero dei fantasmi.

Incontro a Filippi

Ma quando stesi la mano
per toccare il tuo corpo sconosciuto
sorsero città dalle rovine
avvolte in lenzuoli funebri
E andammo
verso l’ombra di Eros
che ridendo
già dileguava

Eros

Pauroso, che ti nascondi in grembo ad una vecchia
e preferisci i libri al libro inesauribile del corpo,
allo sfogliare gli strati della pelle
fino alla nudità paonazza di Eros, lo scorticato.
Avevo un cappello di pelo di lupo
e nei tuoi occhi la luce era un riso
che non cessa di gorgogliare in gola.
Da allora molte volte mi è parso di vedere assai piú chiaro
ma piú spesso sono stata un cieco abbandonato
in uno spiazzo vuoto.

dalla silloge Compianto

Sei tornato stanotte a visitarmi
eri nel vento che mi accarezzava
eri nella pioggia che batteva triste
eri nella lingua della luna
che si insinuava fra le dita
eri nel ritmo della notte
nel vuoto della bocca
che tremava
nel tonfo del mio cuore che batteva
i suoi tamburi a lutto
eri nella prima luce dell’alba
terrea come la tua guancia di morto.
Il tuo fantasma camminava
nel corto intervallo del respiro
in braccia vuote mi cullava.

Hereafter*

La tua morte mi è apparsa in un’alba azzurra
i galli gridarono tristi
poi tacquero
da tempo i cagarros avevano smesso
di volare alti
piangendo come piccoli bambini affamati
o gattini torturati
la jacaranda aveva lasciato cadere tutti i suoi petali
i frutti dai nomi esotici – manghi e maracuja –
pendevano inerti
il vento dell’Atlantico
correva altrove
alto sugli orizzonti
increspati di nuvole e di chiazze viola
che avevo tante volte contemplato
nei lunghissimi crepuscoli.
Le nubi circondavano le cime dei monti
di una tristezza tropicale.
La tua morte mi è apparsa
al calare della notte
quando insetti immensi
si rimisero a volare
e la luna a splendere
allineata a Venere
aprendo una scia d’argento
profonda come una ferita.
Quando il marinaio di pietra
si volse a fissare l’inizio della notte
e il bambino accostò esitando
la piccola barca a remi
per saltare sul molo
e abbandonarla al freddo abbraccio notturno dell’acqua
allora, fu allora, sí
che la tua morte mi apparve per la prima volta interamente
in tutto il suo stupendo orrore
e fu allora che cominciai a non crederci
e mi dissi che, da qualche parte,
in una nuvola, in un delfino arcuato nel grigio,
in una forma delle infinite forme incerte
fra il liquido e il terrestre
in un forma delle forme infinite
fra l’aereo e lo spirituale
fra il volatile e il brumoso
tu dovevi ancora essere viva,
e ti eri camuffata per apparire
soltanto a me.

* Questa poesia è stata scritta in morte di Simonetta Sainati.

L’affondamento del Vasa

Gli scheletri del Vasa
quei teschi a bocca spalancata
un grido fissato eternamente
sotto le onde del Baltico
trascinati ignari nell’abisso
dai pesanti leoni dorati a poppa e a prua
e i cannoni di ferro
mai salparono a tingere di sangue
le onde alte dell’oceano
per il peso di quella gloria
affondati insieme ai topi e ai pidocchi
per nessuno ci fu il tempo di uscire dalla stiva
non misuravano piú di un metro e cinquanta
ma gli alloggiamenti non superavano il metro d’altezza
tranne la cabina dell’ammiraglio
tappezzata di legno pregiato
come topi affogarono per quella gloria mancata
ora ci guardano teste decollate ricostruite
dalle loro teche
richiamati dalla notte abissale a una luce artificiale
hanno occhi chiari uno sguardo smarrito e vecchio
molto piú vecchio del nostro alla loro stessa età
chiamati a testimoniare
in questo giorno d’estate del 2010
Perché sono morti? non lo sanno
questa è la loro testimonianza
la piú forte delle testimonianze
perciò soffrono ancora
e reclamano il loro buio.

Donatella Bisutti

3 marzo 2012

LA POESIA, ARTE SUBLIME DI SCRIVERE IN VERSI.


La poesia, chissà, forse non ha definizione propria, o forse ne ha infinite, come infinite sono le parole che nascono e prendono forma nell’intimità del poeta, in un ambito dove dimora la sfera degli umani sentimenti. Il poeta si affaccia sul mondo da una finestra di cartone infracidita dal tempo attraverso mille tempeste e lievi momenti di sole, e osserva la vita traendola a sé con le acque tempestose del mare, con il vento che schiaffeggia gli alberi che a volte il sole illumina. La poesia è solo un attimo rapito di nascosto al mondo dal poeta, che descrive in quel momento un po’ d'umana storia, la meraviglia che raccoglie il frutto di ciò che nasce in fondo agli elementi. Giacché l'uomo è parte integrante con gli elementi. Il poeta nasce poeta, non lo diventa; forse senza subito saperlo, egli si porta dentro questo carico di sentimenti in attesa di un input che lo risvegli. È bello parlare oggi di poesia, sì, oggi, anche se essa sembra un'aquila ferita che sofferente continua a volare alto.
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