Nella mitologia greca, Calliope è la musa della poesia epica, considerata la Musa di Omero, e quindi l’ispiratrice dell’Iliade e dell’Odissea.Mi riallaccio a quanto scritto nella mia “presentazione” e a quanto in parte sta serpeggiando tra le righe dei vari post: poesia, senso della poesia, Ulisse…
Ho continuato a riflettere sul mio interrogativo, il senso della poesia, e concordo con quanto scritto da Silvana nel suo post, e anche da Antonio sul far poesia…
Quando sublimiamo la nostra sofferenza o i nostri sentimenti in qualcosa in cui anche gli altri possano riconoscersi, e andare oltre il nostro individuale, quando i nostri versi “scaturiscono dall’anima” come ha scritto Silvana, ecco che allora prende corpo qualcosa che ci trascende.
Penso al mondo omerico… (sto rileggendo l’Odissea) la poesia, ispirata dalle Muse, che tutto conoscono, nasceva da uno spazio sacro, (per noi l’anima), era una forma sublime di conoscenza… il poeta era anche il vate… i suoi occhi sapevano vedere oltre.
Tradotto con il nostro linguaggio attuale potremmo dirla una conoscenza intuitiva, la conoscenza della pancia, o dell’emisfero destro, che con un’immagine densa, pregnante, fatta di poche parole, esprime ciò che il linguaggio discorsivo, spiegherebbe diluendo quella forza che va diritta ai nostri strati più profondi.
Ulisse, la sua metafora, la poesia… la capacità della poesia di stabilire connessioni immediate, connessioni di senso là dove apparentemente non ne vedremmo… alle radici della nostra cultura, i poemi omerici… il mare e i suoi “sentieri” dove l’uomo che è terra (humus) si confronta, e incontra sé stesso.
Quando sublimiamo la nostra sofferenza o i nostri sentimenti in qualcosa in cui anche gli altri possano riconoscersi, e andare oltre il nostro individuale, quando i nostri versi “scaturiscono dall’anima” come ha scritto Silvana, ecco che allora prende corpo qualcosa che ci trascende.
Penso al mondo omerico… (sto rileggendo l’Odissea) la poesia, ispirata dalle Muse, che tutto conoscono, nasceva da uno spazio sacro, (per noi l’anima), era una forma sublime di conoscenza… il poeta era anche il vate… i suoi occhi sapevano vedere oltre.
Tradotto con il nostro linguaggio attuale potremmo dirla una conoscenza intuitiva, la conoscenza della pancia, o dell’emisfero destro, che con un’immagine densa, pregnante, fatta di poche parole, esprime ciò che il linguaggio discorsivo, spiegherebbe diluendo quella forza che va diritta ai nostri strati più profondi.
Ulisse, la sua metafora, la poesia… la capacità della poesia di stabilire connessioni immediate, connessioni di senso là dove apparentemente non ne vedremmo… alle radici della nostra cultura, i poemi omerici… il mare e i suoi “sentieri” dove l’uomo che è terra (humus) si confronta, e incontra sé stesso.
(Ondadigrano)
Posto qui questo commento per motivi di comodità, ma mi riferisco anche al post di Antonio Ragone “L’arte di scrivere in versi”. Io credo che la definizione dell’opera poetica sia molto complessa. Basta chiedersi che cos’è ciò che definiamo “poesia”. È sufficiente la forma di un testo con la strofa e i versi, e prima ancora, esiste una lettura corretta di una poesia o la poesia è un luogo dalle infinite letture? Per questa infinita complessità io sono pienamente d’accordo con Antonio Ragone per il messaggio che ha voluto mandare, credo, a tutte quelle persone che vogliono “imporre” il modo di far poesia, ma è chiaro che la cosa importante è “o si è poeti o no”, e chi è “vero poeta” fa la poesia a modo suo, senza banali suggerimenti. Questo mi porta ad essere d’accordo con quel che afferma “Ondadigrano” che la poesia è la sublimazione della nostra sofferenza e dei nostri sentimenti, quando i versi erompono dal nostro animo.
RispondiEliminaSì, Eugenio, dare una definizione della poesia è un compito complesso e complicato. Per questo ho voluto scrivere quel post per “mandare un messaggio” a persone (io mi riferivo a una in particolare), che dalla rete di internet, pretendono di spiegare come si fa la poesia. Anche perché sarebbe impossibile, dal momento che la poesia non può essere considerato un oggetto isolato, perché non è isolato che nasce, ma nasce in un determinato spazio e tempo, in un preciso momento storico contestualmente ai periodi sociali e culturali e ai conseguenti influssi che questi generano nell’intimo del poeta, che dovrà a sua volta avere la forza di sublimarlo consegnando in tal modo un messaggio che sia universale.
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