Un altro grande poeta del sud, poeta lucano, nato a Montemurro, in provincia di Potenza, il 9 marzo 1908, e morto a Roma il 31 gennaio 1981. Leonardo Sinisgalli rimarrà per tutta la vita affezionato alla sua terra pur se la vita lo condurrà lontano.
"Il distacco è traumatico: addirittura affermerà di essere morto a nove anni
Il percorso poetico e non, di Leonardo Sinisgalli, espressione di una visione poetica e intellettuale personalissima, risulta essere coerente e variegato.
Nel panorama letterario italiano contemporaneo, con spirito innovatore, egli ha lasciato un’impronta inconfondibile attraverso la strettissima compenetrazione di prosa e poesia, fino alla poesia – prosa, la ricerca esasperata e provocatoria della concisione, proseguendo il discorso poetico ungarettiano arricchendolo di un montaliano sarcastico scetticismo, uno spiccato gusto per la musicalità del verso, uno sperimentalismo che rimanda a quello dell’Avanguardia.
La sua formazione culturale scientifica, infine, conferisce alla sua opera una vivacità che ricorda quella di un altro Leonardo, da lui eletto a modello supremo.
Nell’abbandono e nella consunzione riaffiora, quindi, un amore mai venuto meno per la poesia e la parola, che spuntano da un deserto a rappresentare l’ultima salvezza”. (da “Il furor poetico di Leonardo Sinisgalli” di Matteo Luca Ragone).
Di Lenardo Sinisgalli propongo la poesia:
Nessuno più mi consola
Nessuno più mi consola, madre mia.
Il tuo grido non arriva fino a me
neppure in sogno. Non arriva una piuma
del tuo nido su questa riva.
Le sere azzurre sei tu
che aspetti i muli sulla porta
e avvolgi le mani nei panni,
leggi nel fuoco le risse
che disperdono i tuoi figli
ai margini delle città?
Un abisso ci separa, una fiumana
che scorre tra argini alti di fumo.
Sono queste le tue stelle,
è il vento della terra
è la nostra speranza
questo cielo che accoglie le tue pene,
la tua volontà, la tua domanda di pace?
Tu vivi certa della tua virtù:
hai vestito i cadaveri variopinti
dei padri, hai trovato ogni notte
la chiave dei nostri sogni,
hai dato il grano per la memoria dei morti.
Noi aspettiamo il tuo segnale
sulla torre più alta.
Tu ci chiami. Sei tu
la fiamma bianca all’orizzonte?
Un’estate di lutti
ha rimosso nel ventre le antiche colpe,
ha cacciato i lupi sotto le mura dei paesi.
I cani latrano al sole di mezzogiorno,
la civetta chiede ostaggi per il lugubro inverno.
Tu ascolti, madre mia,
il pianto sconsolato delle Ombre
che non trovano requie
sotto le pietre battute
dal tonfo di fradici frutti.
Grazie per aver deidcato questa pagina a un grande poeta della Lucania. Perfetta l'analisi di Matteo Luca Ragone. Giuseppe
RispondiEliminaGrazie, Giuseppe
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