Sono d'accordissimo sul tuo intervento sulla poesia che hai postato sul blog... basta con questa tiritera insulsa sulla "semplicità"... molto spesso ciò che chiamiamo semplicità è solo mancanza di cose da dire mascherata o, peggio, l'esprimere pochi, vuoti concetti senz'anima... ognuno ha il suo mondo interiore, e ciascuno ha pure il proprio, personale "fondo parole", dal quale attingere per esprimere in compiutezza proprio quel suo proprio ineguagliabile mondo interiore... e non è affatto detto che uno che possiede le 200 parole 200, che tutti più o meno conosciamo, debba essere per forza più "profondo " di chi, invece, ha la possibilità meramente lessicale di esprimersi in maniera più variegata, con sfumature, sottigliezze etc... credo che alla fine tutto si riduca ad essere sinceri con se stessi e con i propri lettori: è l'unico vero discrimine. Per il resto, ci saranno sempre poesie "semplici" che non dicono nulla e poesie "complicate" che ti rivelano un mondo... tutto sta, appunto, nella sincerità del poeta. Adesso mi viene in mente un ricordo personale: ricordi, Antonio, quando, un anno fa, in una tarda serata piovosa, parlando sulla banchina del porto di Bari in attesa d’imbarcarci per Dubrovnik, scoprimmo che mio zio Mario Colasante - scrittore e autore, tra l’altro del romanzo “Gli uomini del fiume” - era stato tuo professore d’italiano nel triennio alla scuola superiore che tu frequentavi a Salerno? Com’è piccolo questo mondo e spesso troppo povero di ricordi come questi che ancora fanno rivivere le nostalgie del nostro passato!
Grazie, Edo, ricordo con piacere quella sera piovosa sulla banchina del porto di Bari...
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