Lorelei, nella mitologia popolare germanica, è il nome d’una sirena del fiume Reno, che ammalia con il suo canto i marinai che passano di là e li fa morire. Affascinati dalla sua bellezza, essi non vedono gli scogli contro i quali fatalmente va ad infrangersi la nave, e le onde li travolgono.
Il paesaggio, sereno, che all’imbrunire si avvolge di luci misteriose e lascia illuminata dal sole soltanto la cima del monte, prepara l’apparizione fantastica della fanciulla bellissima e la circonda di un fascino misterioso e incantevole coi suoi lunghi capelli biondi, fermati da pettini d’oro, e coi gioielli che mandano bagliori nella luce del morente sole, con quel suo canto che il vento trascina lontano, dove chissà.
Il poeta si abbandona alla suggestione della leggenda popolare, metaforizzandola nella condizione dell’esistenza umana, pur con versi di leggerezza e con il ritmo d’una delicata fiaba.
LORELEI
Non so perché in fondo al cuore
così triste mi sento:
una fiaba d’antichi tempi
non vuole uscirmi di mente.
L’aria è fresca e s’imbruna;
placido il Reno scorre;
la cima del monte s’illumina
nel raggio del sole che muore.
Quasi un prodigio, una fanciulla
bellissima lassù siede:
lampeggiano aurei gioielli;
si pettina le chiome d’oro.
Con aureo pettine le avvolge,
modulando una sua canzone:
ricca di un fascino arcano,
violento, la melodia risuona.
Nell’esile nave il marinaio
selvaggia angoscia afferra:
più non vede gli aguzzi scogli,
proteso è il suo guardo nell’alto.
Ben so che l’onde alla fine
vascello e nocchiero ingoiano:
così del canto della Lorelei
il fascino arcano s’adempie.
Ben so che l’onde alla fine
vascello e nocchiero ingoiano:
così del canto della Lorelei
il fascino arcano s’adempie.
Heinrich Heine (poeta tedesco 1797 – 1856)
(Traduzione di Natalino Sapegno)