LUOGO DEDICATO ALLA CULTURA LETTERATURA POESIA E AI GRANDI POETI DEL NOVECENTO
21 dicembre 2014
6 dicembre 2014
16 novembre 2014
23 ottobre 2014
OSTERIA, DI MARIO LUZI.
18 ottobre 2014
LA VILLA COMUNALE DI VIETRI SUL MARE.
La Villa Comunale di Vietri sul mare... un particolare di cielo e mare e... poesia.
Lì c'è il Viale dei Poeti.
13 ottobre 2014
POESIE DI AGNESE DI VENANZIO.
Il mio tempo
L’ anima si
prepara
come vela
per mari
sconfinati!...
quale porto
le darà riposo?...
© Agnese Di Venanzio
Roma, 30 - 01 -
1999 sabato
Questo tempo
Vorrei fermare
il tempo
di questo *
tempo speciale *
che vive di
ricordi di gioie e di dolore
c’ hanno
abbellito il cuore
Serena è la
vita, nonostante
la fatica e le
ferite aperte
per le cose
sofferte
Il labbro
prega
costantemente
ed occupa la
mente
poi accenna un
sorriso
e subito è paradiso.
© Agnese Di Venanzio
Roma, 12 - 10 -
2014
domenica h
06,10
Note:
Aspettando l’alba, ed il
suono della sveglia fissata alle 06,50 per apprestarmi a farmi pronta per la S.
Messa mattutina domenicale, ecco i pensieri giungono in modesti versi si
riordinano. Sto vivendo un periodo di prova, accolto con grande serenità e
quasi gioia spirituale poiché lo considero salutare per l’anima mia. Tutte le
prove della vita, se ben vissute e prese
in esame attentamente SONO necessarie per la propria purificazione. Penso!...
e mi dico … sto scrivendo, un piccolo premio!... tutta questione di salute mentale. Grazie
cielo e quanto contieni.
I
soliloqui
Questi miei soliloqui
par siano innocui
mentre rancori, giudizi
pensieri intrisi di vizi
capitali
intrisi di mali
e malcontento
questo è il vero intento.
Ferma * Signore *
l’amarezza del cuore.
Roma, 12 - 10 - 2014
domenica h 07,00
© Agnese Di Venanzio
Note:
I soliloqui - testo apparentemente
contraddittorio a quello scritto alle
h 06,10 dal titolo “ Questo tempo “ che parla di un tempo speciale di vita serena nonostante tutto. I soliloqui , sono (come capita a molte persone in cammino spirituale) il reflusso acido di ciò che ci sembrava aver perdonato.
h 06,10 dal titolo “ Questo tempo “ che parla di un tempo speciale di vita serena nonostante tutto. I soliloqui , sono (come capita a molte persone in cammino spirituale) il reflusso acido di ciò che ci sembrava aver perdonato.
8 settembre 2014
COME SE FOSSE UNA DISTRAZIONE.
Come se fosse una distrazione
Ritrovarmi nel giallo dei limoni
Della mia costa lontana
Aria di mare
Azzurro è il mio cuore
©Antonio Ragone
1 settembre 2014
ALFONSO GATTO, INVERNO A ROMA.
Caro Poeta, è sempre la solitudine (quella non buona)... sì, sì. è sempre così. Nella vita c'è sempre più gente persa che ritrovata. Amara considerazione, ma è così. Comunque sia, si è sempre soli.
L’Arte, e la poesia in particolare, è sempre attuale.
Non posso non condividere questa poesia di Alfonso Gatto, un poeta a me molto caro, un grande poeta del novecento italiano, al quale ho dedicato molto dei miei studi. Sono molto orgoglioso di essere un suo concittadino e di aver condiviso con lui la bellisssima terra e il nostro bellissimo mare.
Inverno a Roma
I bambini che pensano negli occhi
hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli
s'appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d'amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.
Alfonso Gatto
(da Osteria flegrea, 1954-1961)
L’Arte, e la poesia in particolare, è sempre attuale.
Non posso non condividere questa poesia di Alfonso Gatto, un poeta a me molto caro, un grande poeta del novecento italiano, al quale ho dedicato molto dei miei studi. Sono molto orgoglioso di essere un suo concittadino e di aver condiviso con lui la bellisssima terra e il nostro bellissimo mare.
Inverno a Roma
I bambini che pensano negli occhi
hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli
s'appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d'amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.
Alfonso Gatto
(da Osteria flegrea, 1954-1961)
18 agosto 2014
9 agosto 2014
ALFONSO GATTO, ALLA FINESTRA.
ALLA FINESTRA
Nel largo delle nuvole e del mare
lo scalpito arioso d’un cavallo,
il bambino rigira la pianola
obliato negli occhi come gli angeli.
Morire è una stagione, un’aria, un cielo.
Alfonso Gatto
(da La forza degli occhi, 1950-53)
Affacciarsi alla finestra è come vedere la vita e viverla tra il
cielo nuvoloso e l’azzurro del mare. Lo scalpito d’un cavallo ne segna i battiti; e
un bambino, con gli occhi perduti nell’immenso, l’accompagna con la nenia
d’una pianola. Passeranno le stagioni e gli anni. Di questa vita resterà
l’immenso spazio tra cielo e mare del nostro golfo, teso come in un abbraccio.
1 agosto 2014
IL NEGOZIO ON LINE DI EDIZIONI AKKUARIA.
Consiglio di visitare il negozio on line di
Edizioni Akkuaria,
dove potete trovare libri scritti da autori contemporanei.
Fate clic sull’immagine e buona lettura.
24 luglio 2014
NEL MARE BREVE DELLA VITA.
Nel mare breve della vita
Nel mare breve della vita
eternamente in tempesta,
dove approdare?
Antonio Ragone
(da Viaggi verso il porto, Gabrieli International Editor, 2004)
11 luglio 2014
LINO CURCI, IL SOGNO, DA “GLI OPERAI DELLA TERRA”.
Lino Curci nacque a Napoli nel 1912 e morì a Roma nel 1975. È stato giornalista, scrittore e poeta. Fa parte dei poeti dimenticati del novecento, anzi, nel suo caso, non tanto da rivalutare ma da scoprire, poiché non ci si è mai avvicinati con attenzione alla sua attività di poeta.
A mio avviso, ritengo che Lino Curci sia stato un poeta sociale, avendo scritto del dolore della gente più umile, opponendosi alla spersonalizzazione dei rapporti umani, affinché non venisse mai meno il rispetto della dignità della persona.
“Gli operai della terra”, la sua opera ritenuta la più importante, è una decisa testimonianza di una possibile integrazione fra le due culture, l’umanistica e la scientifica.
Un autentico incontro tra poesia e scienza.
Le sue opere di poesia:
Canti del Sud (1942)
Mi rifarò vivente (1951
L'esule e il regno (1955)
Un fuoco nella notte (1959)
Gli operai della terra (1967)
Con tutto l'uomo (1973)
IL SOGNO
Mi dici che ho sognato,
e non ricordo. Forse
ho sognato la terra
intorno a me come un’isola scura
nel velo d’argento del crepuscolo.
E forse in questo lembo
caldo di lei, raccolto
in questo senso d’uomo,
per tutti i fili che da me si svolgono
ho sognato gli antichi legamenti
della matrice. Non ricordo. E tu,
nella quiete notturna,
vigilando sul mio vivo sonno,
confermi di aver visto
nella lancetta dell’indicatore
uno sbalzo improvviso dei miei battiti:
il valore di un sogno… Tu restavi
nella scia del mio corpo, ed io sentivo
una vasta premura
addormentato fra lontani soli.
Era un altro mistero
In comune con te, resterà l’unico
sconosciuto per sempre. Era una traccia
di vita, più profonda
d’ogni distanza: non potrai seguirmi
in quel nudo silenzio,
il senso della madre e della notte.
Lino Curci
(da Gli operai della terra, Rizzoli 1967)
A mio avviso, ritengo che Lino Curci sia stato un poeta sociale, avendo scritto del dolore della gente più umile, opponendosi alla spersonalizzazione dei rapporti umani, affinché non venisse mai meno il rispetto della dignità della persona.
“Gli operai della terra”, la sua opera ritenuta la più importante, è una decisa testimonianza di una possibile integrazione fra le due culture, l’umanistica e la scientifica.
Un autentico incontro tra poesia e scienza.
Le sue opere di poesia:
Canti del Sud (1942)
Mi rifarò vivente (1951
L'esule e il regno (1955)
Un fuoco nella notte (1959)
Gli operai della terra (1967)
Con tutto l'uomo (1973)
IL SOGNO
Mi dici che ho sognato,
e non ricordo. Forse
ho sognato la terra
intorno a me come un’isola scura
nel velo d’argento del crepuscolo.
E forse in questo lembo
caldo di lei, raccolto
in questo senso d’uomo,
per tutti i fili che da me si svolgono
ho sognato gli antichi legamenti
della matrice. Non ricordo. E tu,
nella quiete notturna,
vigilando sul mio vivo sonno,
confermi di aver visto
nella lancetta dell’indicatore
uno sbalzo improvviso dei miei battiti:
il valore di un sogno… Tu restavi
nella scia del mio corpo, ed io sentivo
una vasta premura
addormentato fra lontani soli.
Era un altro mistero
In comune con te, resterà l’unico
sconosciuto per sempre. Era una traccia
di vita, più profonda
d’ogni distanza: non potrai seguirmi
in quel nudo silenzio,
il senso della madre e della notte.
Lino Curci
(da Gli operai della terra, Rizzoli 1967)
28 giugno 2014
EDUARDO DE FILIPPO, IO VULESSE TRUVÀ PACE.
Intensa poesia di Eduardo De Filippo, Io vulesse truvà
pace, che potete trovare qui da lui interpretata:
Io ho voluto umilmente solo fargli un omaggio, traducendola
dalla lingua napoletana, in maniera riassuntiva, cercando e sperando d’aver
lasciato intatto il suo messaggio.
Io vorrei trovare pace,
una pace senza morte,
ma se voglio davvero trovar pace,
aspetterò solo la morte.
Eduardo De Filippo
tratta da Io vulesse truvà pace
(una mia traduzione dalla lingua napoletana)
Io vorrei trovare pace,
una pace senza morte,
ma se voglio davvero trovar pace,
aspetterò solo la morte.
Eduardo De Filippo
tratta da Io vulesse truvà pace
(una mia traduzione dalla lingua napoletana)
Grazie Maestro.
14 giugno 2014
MINOU DROUET, IL MIO CUORE È UN BATTELLO LEGGERO
Minou Drouet, nata a Parigi il 24 luglio 1947, si rivelò poetessa delicata e pensosa a soli otto anni, età in cui scrisse questa ed altre poesie, edite in Italia da Mondadori nel 1957 con la raccolta poetica “Albero, amico…” Sposatasi nel 1993, da allora si è ritirata a vita privata.
In questi versi è resa in pochi tratti la tristezza di un’anima che non conosce la gioia; le immagini e le voci del mondo che sta intorno sono cercate attraverso uno smarrimento triste ed amaro e viste nei loro aspetti più desolati: la terra offre soltanto dolore, ma lo sguardo è teso con tutte le sue speranze verso l’alto. Il suo cuore è come un battello, che è trascinato qua è là dalle onde, alle quali non può opporsi. Il grido ch’esce dal suo cuore non è un grido di gioia, come dovrebbe essere quello di altri bimbi, ma è un grido simile a quello dei gabbiani che volano solitari sul mare. L’anelito del suo cuore tende però verso il cielo, e vi cerca quello che la terra non le ha saputo dare. Tutte le speranze sono volte verso l’alto, per cercare lassù qualcosa che dia un senso alla vita. Questa poesia che propongo è una pregevole metafora marina.
Le sue opere:
1957 : Arbre, mon ami, Julliard
1959 : Le Pêcheur de lune, Pierre Horay
1966 : Du brouillard dans les yeux (roman), Presses Pocket
1966 : La Patte bleue, Casterman
1968 : Ouf de la forêt, Presses de la Cité
1968 : La Flamme rousse, illustré par Daniel Billon, Hachette
1993 : Ma Vérité, Édition n° 1
IL MIO CUORE E’ UN BATTELLO LEGGERO
Il mio cuore è un battello leggero;
il suo albero si alza come un grido,
triste come il grido dei gabbiani;
il suo albero si tende come uno sguardo
che cerca qualcosa lassù...
Minou Drouet
(da Albero, amico… Mondadori, 1957)
28 maggio 2014
ISHMAEL E MOBY DICK.
Come tutti quelli che sono nati in riva al mare,
Ishmael vuole navigare e conoscere il mondo,
che altro non è che la ricerca e la spiegazione del mistero.
Andare oltre, sempre, a caccia di balene, in un ambiente fosco e minaccioso.
Moby Dick è questo mistero che non sarà risolto,
e sarà tempo solo di ripartire, ancora,
non si sa per dove, ma partire.
© Antonio Ragone
20 maggio 2014
DINO BUZZATI, CONIGLI SOTTO LA LUNA.
Dino Buzzati
(San Pellegrino di Belluno,16 ottobre1906;
Milano, 28 gennaio1972)
|
La boutique del mistero di Dino Buzzati è una raccolta di 31 racconti scelti tra i volumi già precedentemente pubblicati “nella speranza di far conoscere il meglio di quanto ho scritto”.
L’elemento che accomuna i racconti è il mistero che qui costituisce un aspetto importante della realtà vissuta. È il mondo poetico scritto in prosa che gli fu ispirato, come egli stesso aveva affermato, da una villa cinquecentesca di San Pellegrino, vicino a Belluno, abitata dalla sua famiglia fin dal 1870, che già da bambino gli appariva come un luogo ricco di presenze e di voci misteriose che incitavano la sua fantasia:
“rappresenta uno dei fondamenti di quello che è il
mio “mondo” poetico…Lì sotto c’è la cantina, con grandi botti. E sopra c’è il
granaio…Poi sopra ancora c’è una soffitta. E lì si addensavano tutte le
fantasticherie possibili e immaginabili…nei bambini l’impressione che fanno
queste case è una cosa straordinaria…Gli scricchiolii, la sera, la porta chiusa
o aperta, di notte, nel buio… Queste cose sono bellissime! Questo tipo di
mistero - parlo del mistero della casa, ma anche del mistero dei rumori nel
giardino - implica la presenza di entità sconosciute, probabilmente
immaginarie… spiriti, fantasmi, esseri della natura, elfi…”.
Il mondo di Buzzati è fatto di domande angosciate: Chi sarà? Il vento?; Chi sarà? Un ladro?; Chi sarà? Un telegramma? La caratteristica di tutte le opere di Buzzati, come un chiodo fisso, è un’ostinata ricerca, un dialogo continuo con l’Oltre, la parte più segreta di quella visibile, ma altrettanto presente e partecipe della vita quotidiana, difficile da decifrare, e per questo ancor più carica di fascino, di attrattiva, di attesa e di inquietudine. E quando l’attesa e l’inquietudine sembrano finire, “è troppo tardi”.
Di questa raccolta propongo Conigli sotto la luna, attesa e inconsapevolezza. Anche per noi, come i conigli, “dov’è tesa la tagliola?”.
Il mondo di Buzzati è fatto di domande angosciate: Chi sarà? Il vento?; Chi sarà? Un ladro?; Chi sarà? Un telegramma? La caratteristica di tutte le opere di Buzzati, come un chiodo fisso, è un’ostinata ricerca, un dialogo continuo con l’Oltre, la parte più segreta di quella visibile, ma altrettanto presente e partecipe della vita quotidiana, difficile da decifrare, e per questo ancor più carica di fascino, di attrattiva, di attesa e di inquietudine. E quando l’attesa e l’inquietudine sembrano finire, “è troppo tardi”.
Di questa raccolta propongo Conigli sotto la luna, attesa e inconsapevolezza. Anche per noi, come i conigli, “dov’è tesa la tagliola?”.
Conigli sotto la Luna
Nel giardino la
luna, e quel profumo d'erba e piante che ricorda certe lontanissime mattine
(saranno mai esistite?) quando alle prime luci, con gli scarponi e il flobert,
si usciva a caccia. Ma adesso c'è la luna quieta, le finestre sono spente, la
fontana non getta più: silenzio. Sul prato quattro cinque piccole macchie nere.
Ogni tanto si muovono con buffi salti veloci, senza il minimo rumore. All'ombra
delle aiole, come aspettando. Sono i conigli. Il giardino, l'erba, quell'odore
buono, la quieta luna, la notte così immensa e bella che fa male dentro per
incomprensibili ragioni, tutta la notte meravigliosa è loro. Sono felici?
Saltellano a due a due, non viene dalle loro zampe il più lieve fruscio. Ombre,
si direbbero. Minuscoli fantasmi, genietti inoffensivi della campagna che
intorno dorme, visibile sotto la luna a grandissima distanza. E debolmente
splendono anche le remote pareti bianche di roccia, le montagne solitarie. Ma i
conigli stanno con le orecchie tese, aspettano, che cosa aspettano? Sperano
forse di poter essere ancora più felici? Là, dietro al muretto, nel cunicolo
che viene dal tombino, dove all'alba si nascondono a dormire, è tesa la
tagliola. Loro non lo sanno. Neppure noi sappiamo, quando insieme agli amici si
gioca e si ride, ciò che ci attende, nessuno può conoscere i dolori, le
sorprese, le malattie destinate forse all'indomani. Come i conigli noi stiamo
sul prato, immobili, con la stessa inquietudine che ci avvelena. Dove è tesa la
tagliola? Anche le notti più felici passano senza consolarci. Aspettiamo,
aspettiamo. E intanto la luna ha compiuto un lungo arco nel cielo. Le sue ombre
di minuto in minuto diventano più lunghe. I conigli, con le orecchie tese,
lasciano sull'erba illuminata mostruose strisce nere. Anche noi, nella notte,
in mezzo alla campagna, non siamo più che ombre, fantasmi scuri con dentro
l'invisibile carico di affanni. Dove è tesa la tagliola? Al lume favoloso della
luna cantano i grilli.
Dino
Buzzati
(da La
boutique del mistero, Mondadori 1968)
13 maggio 2014
ALFONSO GATTO, SALERNO RIMA D'INVERNO...
Salerno, rima d'inverno,
o dolcissimo inverno.
Salerno, rima d'eterno.
Alfonso Gatto
Una poesia, Salerno, tre versi soli, intrecciati in una rima che ne fa un unico compendio, sono le immagini e le sensazioni trasmesse dalla sua città natale. L'inverno dolce è l'eterno, in antitesi tra di loro giacché l'inverno è la metafora della tristezza. Una dolce tristezza, dunque, è il suo pensiero per la sua città lontana. È la dolce nostalgia del poeta.
Si notano raffronti e dissomiglianze tra questa poesia e Mattina “M’illumino / d’immenso” di Ungaretti. Entrambe le poesie sono brevi e solo apparentemente semplici e fanno riferimento all'infinito: un infinito che rischiara in Ungaretti, un infinito di nostalgia in Gatto.
Si notano raffronti e dissomiglianze tra questa poesia e Mattina “M’illumino / d’immenso” di Ungaretti. Entrambe le poesie sono brevi e solo apparentemente semplici e fanno riferimento all'infinito: un infinito che rischiara in Ungaretti, un infinito di nostalgia in Gatto.
3 maggio 2014
DISARMONIA DI PRIMAVERA.
E s’allontana,
come dopo un distacco,
smarrendosi nel chiaroscuro
di questa pioggia di primavera.
Ora sarà sola
senza sapere che si è sempre soli
se non la pioggia a tenerle compagnia.
© Antonio Ragone
17 aprile 2014
GIUSEPPE UNGARETTI, CASA MIA.
L’amore per la vecchia casa e per gli affetti che un tempo essa racchiuse fra le sue mura rinasce al ritrovarla, e ha il sapore d’una nuova scoperta. Così il poeta, dopo lunga assenza, tornando alla sua casa dei giorni primi, sente con commosso stupore che l’amore per essa non è morto. Tornano a ri-vivere nel cuore i ricordi cari che egli credeva d’aver disperso qua e là, sparpagliati (che pregevole metafora!) negli angoli del mondo dove la vita conduce. È quasi una rivelazione: la casa è lì, custode dei ricordi. È solo bastato un ritorno alla vecchia casa perché essi nuovamente riaffiorassero, intatti, senza aver nulla perso della freschezza di un tempo.
(Per me, della mia vecchia casa sul mare, dove son nato e cresciuto, è rimasto solo un caro ricordo. Al suo posto, da tempo, vi hanno edificato un grande albergo)
CASA MIA
Sorpresa
dopo tanto
d'un amore
Credevo di averlo sparpagliato
per il mondo
Giuseppe Ungaretti
dopo tanto
d'un amore
Credevo di averlo sparpagliato
per il mondo
Giuseppe Ungaretti
12 aprile 2014
SERGIO CORAZZINI, SOLILOQUIO DELLE COSE.
Sergio Corazzini, poeta nato a Roma nel 1886 e in questa città morto poco più che ventunenne nel 1907.
È considerato l’iniziatore della poesia crepuscolare.
“Soliloquio delle cose” è un pregevole esempio di poemetto in prosa.
post correlato: fare clic qui.
SOLILOQUIO DELLE COSE
... Je crois que nous sommes à l'ombre. Maeterlinck
Les choses ont leur terrible «non possumus». Hugo
Dicono le povere piccole cose: Oh soffochiamo d'ombra! Il nostro amico se ne è andato da troppo tempo: non tornerà più. Chiuse la finestra, la porta; il suo passo cadde nel silenzio del lungo corridoio in cui non s'accoglie mai sole, come nel vano delle campane immote, poi la solitudine stese il suo tappeto verde e tutto finì.
Qualche cosa in noi si schianta, qualche cosa che il nostro amico direbbe: cuore. Siamo delle vecchie vergini, chiuse nell'ombra come nella bara. E abbiamo i fiori. Egli avanti di andarsene, per sempre, lasciò sul suo piccolo letto nero delle violette agonizzanti. Disperatamente ci penetrò quel sottile alito e ci pensammo in una esile tomba di giovinetta, morta di amoroso segreto. Oh! come fu triste la perdita cotidiana inesorabile del povero profumo! E se ne andò come lui, con lui, per sempre.
Noi non siamo che cose in una cosa: imagine terribilmente perfetta del Nulla.
Qualche volta le campane della piccola parrocchia suonano a morto. Tutto ciò sarebbe tristissimo per noi, povere piccole cose sole, se egli fosse qui. Ma è lontano e le campane non tarlano il silenzio per lui, povero caro.
Un tempo lo vedremmo e l'udimmo piangere senza fine: volevamo consolarlo, allora, e mai ci sentimmo così spaventosamente crocefisse. Oggi, oh, oggi è un'altra cosa: dove piange? perché piange?
Allora lacrimò desolatamente perché una sua piccola e bianca sorella non veniva, a sera, come per il passato, a farlo men solo... o più solo. Così egli le diceva mentre l'abbracciava. E soggiungeva: «Noi ricordiamo e nulla come il ricordo è simbolo di solitudine e di morte». Rievocavano molte liete fortune e molte tristi vicende, anche, ma non troppo di queste si amareggiavano.
Una sera il nostro amico attese inutilmente. Attese fino all'ora delle prime rondini e delle ultime stelle...
Oh, egli ci voleva bene: qualche volta ci parlava a lungo, come in sogno. In sogno parlava. Avanti di dormire, accendeva un piccolo lume giallo, sospeso al muro. Forse aveva paura.
È una così dolce cosa, la paura, appunto perché è dei fanciulli!
Noi non dormiamo; noi siamo le eterne ascoltatrici, noi siamo il silenzio che vede e che ascolta: il visibile silenzio.
La casa dev'essere molto vasta. Udiamo a tratti delle voci lontanissime e che pensiamo non vengano dalla piccola piazza. Oh, la finestra, se si spalancasse e facesse entrare un poco di sole, un poco di vento! oh, nulla è simile al cuore perduto come il sole che vuole entrare, e tutti i giorni domanda e tutte le sere, triste e bianco, smuore di rinunzia.
Un convento, una chiesa, un lungo muro basso, interrotto da due piccole porte, la cui soglia allora era sempre verde. La neve restava intatta, davanti a quel muro, un tempo interminabile. Il nostro amico diceva che una porta chiusa è figurazione di gran gioia. Noi siamo semplici, non abbiamo mai comprese queste parole, sarà, forse, perché siamo così sole e così sconsolate, da tanti anni, in questa camera chiusa!
Oh, gli occhi aperti smisuratamente nell'ombra terribile, sono così simili a noi! Sanno vedere ma non possono vedere.
Per quanto ci disfaceremo nel buio come le stelle dietro le nuvole? Per quanto la nostra cecità apparente, ci vieterà il sole, o, forse anche, un poco di dolce luna?
Come tante piccole monache in clausura, noi, povere cose, viviamo e morremo. Pietà! Pietà!
Quante rughe ci solcano! Siamo vecchie, oh così vecchie da temere la fine improvvisa. E la polvere che noi pensavamo cipria, ci seppellisce cotidianamente come un becchino troppo scrupoloso.
Come ci carezzavano le tende, piene di vento a primavera! Ella doveva carezzare così il nostro amico, doveva farlo morire di spasimo, così. Ora, anch'esse, come le vele di una decrepita barca inservibile, chiusa nel vano di un piccolo porto solitario e triste, pendono flosce e vecchie: oggi una loro carezza ci farebbe pensare alle mani di un agonizzante.
Un passo. Una mano tenta la chiave... oh, non spasimiamo: è un bambino, è il solito bambino di tutti i giorni, che passa lungo il corridoio per andare chi sa dove; non spasimiamo, è inutile.
Sergio Corazzini
29 marzo 2014
AGNESE DI VENANZIO, AVREI VOLUTO !...
Con
l'arrivo della primavera (vedi data del testo) ... all'alba ... un contrasto.
Un
saluto,
Agnese.
Poesie 2014
Roma, 21 marzo 2014,
venerdì ore 06,30
Avrei voluto !...
Avrei voluto avere
una famiglia
l’amore di un marito,
di una figlia
una casetta in ordine,
un grazioso giardinetto
vivere tutti uniti
nell’ amore perfetto,
ma i desideri da realizzare
costan fatica poterli meritare !...
quando c’è egoismo,
manca condivisione,
prevale il proprio “ io “
e non c’è più ragione…
tutto viene distrutto,
l’amore, il sentimento
e quel che si voleva
è volato come il vento
Ora c’è solitudine, rimpianti, amarezza
con nostalgia ripensi
alla perduta giovinezza.
Copyright© Agnese Di Venanzio
16 marzo 2014
ALFRED DE MUSSET, "IL ME MANQUE LE REPOS".
Mi è capitato di leggere, nella versione originale francese, questa poesia di Alfred de Musset, tormentato poeta francese dell’Ottocento morto a 47 anni, tratta dall’opera teatrale “Les Caprices de Marianne” da lui scritta nel 1833.
Il me manque le repos,
la douce insouciance
qui fait de la vie un miroir
où tous les objets se peignent un instant,
et sur lequel tout glisse.
Ho voluto rielaborarla come io la sento:
Come mi manca un po’ di quiete
La dolce leggerezza del cuore
Che rende come specchio la mia vita
Quando ogni oggetto si colora in un istante
E dove tutto scorre senza far troppo male.
© Antonio Ragone
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