Molto più in là di dove poteva giungere l’occhio, verso l’infinito, e ancora ancora più in là, oltre l’orizzonte, verso l’indefinito, dove ancor più s’inquieta il cuore, si distendeva tremolando l’azzurra acqua marina.
Io l’osservavo per fare il gioco dei colori.
Sì, indovinare, o forse solo immaginare, quante infinite sequenze di colori avesse il mare: turchino, verde, viola, con sfumature di rosa e di arancio, e azzurro, azzurro sempre il suo colore come a volte azzurra è la vita.
Su quella vastissima pianura d’acqua, che si coniugava in un immenso arco con il cielo, s’affrettavano palpitando le onde, si avvicinavano con rapido galoppo, si allargavano, si elevavano, si scagliavano con impeto tonante sugli scogli, s’infrangevano con furore in flutti di spume dal color di giglio, in turbini di candide scintille che si scagliavano contro il cielo.
Poi ricadevano in pioggia di gocciole iridescenti come i colori dell’arcobaleno.
Questi son forse i colori nei quali oggi mi riconosco.
(Il mare ondulante di creste bianche,
il vento che raccoglie i flutti
e li confonde nella pioggia).
Il poeta è giovane, agli elementi
dona la furia del suo cuore,
la barca senza rotta,
lui marinaio atteso in ogni porto.
Antonio Ragone
(Da Diario di un marinaio 1960-1990 In “Viaggi verso il porto” Gabrieli International Editor – 2004).