1 maggio 2011

SERGIO QUINZIO, TEOLOGO DEL TORMENTO E DELLA SPERANZA.

Sono trascorsi poco più di cinque anni dalla scomparsa di quel grande intellettuale cattolico, teologo ed esegeta, definito un po’ fuori dal coro, che fu Sergio Quinzio, nato ad Alassio, in provincia di Savona, il  5 maggio 1927 e morto a Roma il 22 marzo 1996. È stato autore di numerosi saggi teologici, tra gli altri, Diario profetico, 1958; Religione e futuro,1962; Un Commento alla Bibbia, 1972; La fede sepolta, 1978; Dalla gola del leone, 1980; Il silenzio di Dio, 1982; La croce e il nulla, 1984; Radici ebraiche del moderno, 1991; La sconfitta di Dio, 1993; Mysterium iniquitatis, 1995  L'esilio e la gloria, scritti inediti (1969-1996), 1998 postumo. Proprio quest’ultimo libro, una raccolta di lettere inedite, stampata da Gianni Scalia come quaderno della rivista “In forma di parole” e curata dalla vedova Anna Giannatiempo, ripropone tutti i temi a lui più cari, trattati nella sua produzione saggistica, dove, più ancora che nei saggi, Quinzio si espone in modo diretto evidenziando ancor più la sua religiosità tormentata, di letterato cattolico fuori dal coro, spesso incompreso da alcuni settori ecclesiastici, disturbati nella loro fede abitudinaria. Per Quinzio, la fede non è consolazione, ma sofferenza, non procura pace, ma tormento, consumato nella speranza che perdura malgrado il male e l’ostinato silenzio di Dio. Così scrive in una lettera alla moglie nel 1975: “ a ottenerci la salvezza sarà il nostro essere partecipi del grido di Gesù sulla croce, nel quale l’invocazione della speranza è una cosa sola con l’orrore del dolore: mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”.

Sergio Quinzio scrisse alcune poesie che poi donò all’amico Salvatore Gallo. Sua moglie ha scritto: “Sergio non dava importanza a quelle poesie, se non come testimonianza giovanile di un mondo per sempre perduto: l’unico dove aveva vissuto anni veramente felici”. Le ha sempre considerate cose minori, ma in realtà non sono per niente trascurabili nei confronti delle sue opere più importanti, in talune parti gettano un fascio di luce sulla complessità del suo pensiero di intellettuale. Le poesie sono state pubblicate, a cura di Giorgio Calcagno, nel 2002, presso Nino Aragno Editore, con il titolo “La croce e il mare”.


VIII

Lontano è ormai il mare amico e
quasi più non ne odo il melode sciacquio
e non vedo il corruscare dell’onde
di tra i cupi pini contorti.
Ma ora vedo fra le chiome del bosco
più candida la spuma dei flutti
brillare chiassosa fra le pietruzze
e le conchiglie di perla che corrono col risucchio.
Belli come onde che si frangono
sono i molli ciuffi d’aree fronde.
E il cinguettio folto dei cespugli
conforto al mormorar dei flutti
sì che più dolce nasce il ricordo.


XI

… Il mare è viola di freddo
sotto il livido cielo.
Le onde del mare
vengono agli scogli a cantare
la loro fine più lieta della nostra.
Il turbine solleva gli spruzzi
e li getta li piomba tra i flutti.
Il sole dietro le nuvole
è una lanterna pallida e smorta.
Tra poco
tramonta.


LIII

Sempre vieni a me o mare
poi ch’è ancora in te il ricordo
del mio corpo in te fanciullo
e del mio cuore felice.

Sergio Quinzio
(Da “La croce e il mare” Nino Aragno Editore 2002)

2 commenti:

  1. Trovo doveroso (e di questo la ringrazio) che si parli della poesia di Quinzio. Un saluto, Luca Ormelli

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  2. Penso che una personalità così ampia e complessa, come Quinzio, che ci ha lasciato intense opere saggistiche, vada riscoperto anche attraverso la sua poesia, anch'essa inserita, a pieno titolo, nella sua profonda e incisiva attività culturale.
    Grazie per il suo prezioso commento e complimenti per il suo blog.
    Antonio Ragone

    RispondiElimina

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