Apro un libro e mi ritrovo a leggere le prose poetiche di Leonardo Sinisgalli, grande poeta-ingegnere d’un piccolo paese della Basilicata, Montemurro, anch’egli come quei tanti che a me a piace definire “i poeti dell’esilio”, indotti a salire a settentrione, verso la costellazione dell’Orsa minore.
“È solo da qualche anno che ai primi venti autunnali io scrivo ai miei amici: ecco torna la mia primavera! Sotto il cielo limpido di queste notti faccio grandi propositi, ogni volta più allettanti. Mi capita di percorrere Roma dalla falde di Montemario fin sotto i bastioni del Quirinale, e mi par di tornare a casa dalla campagna, di pestare la creta dei viottoli, di risalire le coste di una tenera valle, attraversare il bosco di castagni, e scoprire davanti Orione, come un aratro immerso nella terra. Penso così di muovermi con le spalle al passato in direzione del cielo, verso il mio probabile destino. Chiare notti di autunno che il legnaiuolo scende per la china del colle, con la scure sulla spalla e la bisaccia colma di cortecce profumate. Io perdo, queste sere, il senso del mio viaggio, e potrei essere a Babilonia o a Gerico: sono un uomo che torna a casa fiducioso e pensa che ha davanti l’inverno intero per raccogliersi, per chiamare pochi amici intorno a una lucerna".
Leonardo Sinisgalli
(Da “Fiori pari Fiori dispari” Casa Editrice Mondadori - I edizione, 1945)
(Da “Fiori pari Fiori dispari” Casa Editrice Mondadori - I edizione, 1945)
Ho sempre amato Sinisgalli, la sua pacata e profonda intelligenza meridionale. Ma anch’egli, come la vera e autentica cultura, sembra essere sommerso nel silenzio. È come se stessimo percorrendo un deserto senza più riconoscere le nostre orme. Nulla più è dietro di noi. In mano abbiamo la bussola, ma non segna più il nord. Avendo disperso la capacità di orientamento, ora abbiamo paura. Cosa mi è successo? – mi chiedo. L’eroe greco e latino, quello antico e classico, lottava contro le forze della natura e del male. L’eroe moderno, il non eroe moderno, si è trovato a essere qualcosa che non ha scelto e che deve solo subire. Ma cosa mi è successo?
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http://antonio-ragone.blogspot.it/2009/05/omaggio-al-poeta-leonardo-sinisgalli.html
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Mi piace leggere di Leonardo Sinisgalli, sento mio il suo demone d’insoddisfazione , “il suo voler perire nella sua aria”, mi piace leggere del suo ritorno a Casa con gli occhi “amanti”, perché mi manca, perché non so farlo e apolide pongo distanza tra me e la mia Terra, che Madre è e che mi perdona e contiene il mio disdoro .
RispondiEliminaMaria
Grande poeta è Sinisgalli che ha saputo coniugare la sua vita “altrove” al costante richiamo della sua terra del Sud.
RispondiEliminaLe immagini rappresentate nell'opera di Sinisgalli segnano un forte rimpianto da parte del poeta per il proprio paese da lui tanto amato e sono di un estremo candore:esse riflettono una terra,quella del sud,un paesaggio,una sfera di affetti e presenze familiari.
RispondiEliminaPoco saprei dire sull'arte dello scrivere,e di poeti e scrittori, mi concedo però ,di assorbirne le vitali benefiche sensazioni nel lèggere. In questo racconto di Sinisgalli, mi permetto l'impressione di coglierne " la serena ascesi " dello scrittore ,la certezza del ritorno alla casa del Padre ; alle spalle lascia le fatiche della terra(l'aratro) e tutti gli elementi che la rendono vitale , come il vento (autunnale), la vegetazione( i boschi)l'acqua che bagna la creta, l'aria (il cielo limpido stellato ). In lontananza la luce , dove ritrovare le persone care ( la lucerna).
RispondiEliminaSARO' MATTA !... il pensiero dello scrittore é il pensiero di molti , del proprio andare , peccato che in molti siamo incapaci di esternare mediante la scrittura sapientemente riportata . Sempre un grazie a te Antonio per le belle cose che scrivi invitandoci a leggere.