Dino Campana nacque a Marradi, in provincia di Ravenna, il 20 agosto del 1885. Cominciò giovanissimo a scrivere versi. La sua irrequietezza, dovuta ad un grave forma di nevrastenia, lo spinse a compiere continui vagabondaggi “Non potevo vivere in nessun posto”. Nel 1913, Campana conobbe Ardengo Soffici, al quale consegnò il manoscritto dei Canti Orfici, il suo unico capolavoro. Soffici, nel corso di un trasloco, perse il manoscritto, ritrovato poi nel 1973. Fu un colpo decisivo per la mente già sconvolta del poeta, che arrivò fino a minacciare di uccidere Soffici. Ma, ritornato a Marradi, il suo paese natale, iniziò a ricostruire a memoria i Canti Orfici che pubblicò nel 1914 a sue spese e che poi si mise a vendere non senza difficoltà nei caffè fiorentini e bolognesi. Nel 1918, aggravatasi la malattia mentale, venne definitivamente ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Castel Pulci, presso Scandicci in provincia di Firenze, dove morì il 1° marzo del 1932 a soli 47 anni.
Di questo grande poeta del novecento propongo la poesia La Chimera.
È uno dei componimenti più significativi di Campana. In esso si trovano temi ed emblemi cari al poeta, la chimera, la notte, il paesaggio: intenso e suggestivo è il termine io poeta notturno. La Chimera è una enigmatica figura femminile, ma anche la personificazione di una realtà che diviene miraggio sfuggente, sortilegio inafferrabile, un mito che si rivela per scatti improvvisi e allucinati; è una confessione di impotenza ad esprimere l’autenticità delle cose sotto le spoglie delle apparenze reali, dove tutto viene proiettato per intima necessità in un’atmosfera sognante, orfica, di ignote lontananze, cariche di fascinosa suggestione, in cui ogni elemento realistico è subito consumato ed escluso nell’indeterminatezza di un tempo perduto, di lontane primavere ormai irrecuperabili le immagini, di ascendenza simbolista, diventano simbolo di un mondo di miti e di sogni.
LA CHIMERA
Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Dino Campana
Una poesia di versi suggestivi che sembrano riflettersi nelle sinuose e sanguigne labbra della protagonista, il poeta veglia il mistero della vita, simboleggiato dalla Chimera e il suo sfuggente trascolorare.
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